In merito all’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea, l’art. 1137 C.c. (come modificato con Legge 11 dicembre 2012 n. 220) stabilisce, nei primi tre commi, che:
Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria.
Secondo il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di impugnazione di una delibera assembleare ex art. 1137 C.c., i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento che, dal lato attivo, va qualificato come adesivo autonomo (con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi di lite, anche in presenza di rinunzia o acquiescenza alla sentenza da parte dell’originario attore), ove essi siano dotati di autonoma legittimazione ad impugnare la delibera, per non essersi verificata nei loro confronti alcuna decadenza, ovvero, se quest’ultima ricorra, come adesivo dipendente (e, dunque, limitato allo svolgimento di attività accessoria e subordinata a quella della parte adiuvata, esclusa la possibilità di proporre gravame); tale ultima è la qualificazione da riconoscersi, altresì, all’intervento, ove questo sia a favore del condominio, siccome volto a sostenere la validità della delibera impugnata, stante la legittimazione processuale passiva esclusiva dell’amministratore nei giudizi relativi all’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea, non trattandosi di azioni relative alla tutela o all’esercizio dei diritti reali su parti o servizi comuni (Cass. n. 2636/2021).
Invero, nelle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale, intese, dunque, a soddisfare esigenze collettive della comunità condominiale, essendo rispetto ad esse unico legittimato passivo
l’amministratore, l’eventuale intervento del singolo condomino è adesivo dipendente, sicché questi non è ammesso a proporre gravame avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio; la legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi relativi alla impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea promossi dal condomino dissenziente discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi (Cass., Sez. 2, 12/12/2017, n. 29748; Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286; Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379; Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198).
Tale orientamento non è stato scalfito da Cass. Sez. U., n. 18/04/2019, n. 10934, la quale ha piuttosto ribadito la sussistenza dell’autonomo potere individuale di ciascun condomino ad agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota” delle parti comuni; (sul punto Cass. n. 22952/2022: l’intervento operato in un giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, ai sensi dell’art. 1137 C.c., da singoli condomini a favore del condominio, e cioè per sostenere la validità della deliberazione impugnata, si connota come intervento adesivo dipendente, di tal che, stando all’art. 105, comma 2, C.p.C., i poteri dell’intervenuto sono poi limitati all’espletamento di un’attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata).
In particolare, in caso di acquiescenza alla sentenza della parte adiuvata, l’interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale (Cass. Sez. U, 17/04/2012, n. 5992; da ultimo, arg. da Cass. Sez. 2, 30/11/2020, n. 27300).