La casa dell’ava. Poesia di Evelina Cattermole

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Ne l’ostel solitario
In cui la vecchierella ava serena
Passa il tramonto de ’l suo tardo giorno,
De ’l buon tempo che sparve
Parla ogni cosa intorno.
Fra le sconnesse pietre,
Ne ’l cortile, s’abbarbica l’ortica
Parassita: de gli alti suoi gradini
Su ’l piedestallo, il pozzo
Sorge ne ’l centro, ov’ascende a fatica
Una ricurva fante,
E vi cala la brocca che scancella,
Ne l’ima onda percossa,
L’imagine de ’l suo grinzo sembiante.

Ne ’l salone dorato,
Da i centenari specchi
Cadde l’argenteo strato, e ancor su i vecchi
Arazzi de la Fiandra,
A le pareti accanto,
Danzan pastori e ninfe
Ne i tarlati boschetti.
E scendon benedetti i raggi estivi
Che a quegli occhi sbiaditi,
Qual per magico incanto,
Rendon fulgidi e vivi
I raggi de gli amori impalliditi.

In un angolo oscuro
Una spinetta dorme;
E quando tutto tace ivi s’ascolta
Come un sospiro; è il vento
Che tra le corde freme,
O l’eco de le note che una volta
Con le melodi semplici
Di Pergolesi, l’ava
Da lo snello strumento
Fanciulla ancor, destava?

Schiudetevi, cassette
Odorose de i mobili intarsiati,

Piene di fogli e nastri,
Di trapunti, di seriche borsette
D’ambra e zàgara, e veli scolorati.
È un’ora di memorie, ed in quest’ora
Per voi da un morto secolo
Un alito di vita esala ancora.

Unico in mezzo a tante
Reliquie strane e sante è un picciol libro,
Storia d’amore e insiem storia d’affamai:
Cui le consunte pagine
Da più di sessant’anni
Serbano un secco fiore:
Son foglie d’un garofano, e Zaira
È la storia d’amore.

Presso le vetriate
D’onde tutta si scorge
La pianura abbracciar da ’l moribondo
Sole che dice addio, quando risuona
La squilla in lontananza,
L’ava fa trascinar la sua poltrona.
Su ’l fidato volume
Ha le mani incrociate:
Oh, guardatela! È il lume
Che imporpora le nubi,

Che quella fronte annosa
Come avorio ingiallita,
Tinge color di rosa?
Povera vecchia, ella reclina il viso
Sopra il volume antico,
E sogna forse il giovanil sorriso
Del sospirato amico,
Che dorme da tanti anni
Polvere fatto anch’ei come quel fiore;
Sogna forse il mattino
Quand’ei pose il garofano
Ne la storia d’amore….

Povera vecchia, il sai;
Inutili rugiade
Piovon su i secchi petali, e sui morti
Il pianto inutil cade.
Non ritornano mai.

Evelina Cattermole, all’anagrafe Eva Giovanna Antonietta Cattermole (Firenze, 26 Ottobre 1849 – Roma, 30 Novembre 1896), è stata una famosa scrittrice e poetessa italiana della seconda metà dell’Ottocento. Le sue opere vengono pubblicate utilizzando lo pseudonimo di Contessa Lara.

Nata in una benestante famiglia a Firenze, Evelina Cattermole studia a Parigi, e si forma culturalmente sotto tutti gli aspetti, dall’apprendimento della musica grazie alla madre, nota pianista, alle lingue straniere, con il supporto del padre, professore d’inglese. L’animo letterario si sviluppa con il sostegno e gli insegnamenti della famosa poetessa Marianna Giarré-Billi.

La sua prima raccolta poetica Canti e Ghirlande viene pubblicata a Firenze nel 1867. A partire dal 1875 la sua attività letteraria si arricchisce con la pubblicazione di diverse opere: nel 1883 la raccolta poetica, Versi; nel 1886 viene pubblicata la raccolta di poesie, E ancora versi e la raccolta di novelle, Così è, mentre il primo romanzo L’innamorata esce nel 1901.

Molto più famose sono le sue vicende sentimentali, in parte definite scandalose, alimentate da pettegolezzi per la sua bellezza, raffinatezza ed ingenuità, che accompagnano la sua vita fino alla tragica morte.

Sempre alla ricerca dell’amore duraturo e stabile Evelina Cattermole alterna diverse relazioni sentimentali fino a quando conosce il pittore napoletano Giuseppe Pierantoni, con il quale convive a Roma. Ma la relazione si rivela ben presto burrascosa fatta di persecuzioni, gelosia, litigi violenti, e alimentata da interessi soprattutto economici da parte del pittore di scarso talento, poco propenso al lavoro, verso la scrittrice fiorentina. Quest’ultima cerca invano di lasciarlo, ma il Pierantoni si oppone con forza.

Il 30 novembre 1896 è il giorno fatale: Evelina Cattermole viene uccisa con un colpo di pistola sparato da Giuseppe Pierantoni, il quale dopo averla colpita all’addome, con assoluta crudeltà, la lascia agonizzante per diverse ore prima di chiamare i soccorsi.

Il processo contro Giuseppe Pierantoni, tenuto presso la Corte d’Assise di Roma, si conclude con la condanna dello tesso a 11 anni e 8 mesi di prigione per omicidio volontario, dato per scontato il movente passionale senza riuscire a provare il vero movente di natura economica.

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