A norma dell’art. 154 C.c.: “La riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta.“
Ovvero ai sensi dell’art. 3, comma 2 L. 898/1970 e successive modifiche:
Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi nei casi in cui è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale ….
Ne consegue che la domanda proposta per ottenere lo scioglimento del matrimonio non può essere accolta qualora sia intervenuta la riconciliazione tra i coniugi, secondo il disposto di cui all’art. 157 C.c.: “I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione. La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.”
Infatti, premesso che, come già sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità con indirizzo pienamente condivisibile (tra le altre, Cassazione n. 12427 del 2004), “non è sufficiente, per provare la riconciliazione tra i coniugi separati, per gli effetti che ne derivano, che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale, essendo invece necessaria la completa ripresa dei rapporti caratteristici della vita coniugale” (sul punto cit. Cass. Sez. I, 6 ottobre 2005, n. 19497 che ha ritenuto sussistente nella vicenda in esame un mero “tentativo di conciliazione“, con ciò facendo riferimento … ad una consentita valutazione “in fatto“, tale da escludere, nel caso di specie, l’effettiva voluntas in ordine alla ripresa del rapporto coniugale soprattutto da parte della moglie … costituito dal fatto che la predetta aveva in atto una “relazione extraconiugale, probabilmente mai interrotta durante i mesi di convivenza col marito“, per cui “se anche un desiderio di riconciliarsi col marito … c’era stato esso non poteva che essere rimasto nei termini di un tentativo ben presto dimostratosi irrealizzabile“).