La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente il diniego dell’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, per difetto del presupposto della condizione soggettiva di assuntore di stupefacente in relazione alla violazione dell’art. 73, comma 5 bis d.P.R. 309/1990.
Nel caso di specie, pur facendo cenno all’assenza di elementi da cui desumere la condizione di tossicodipendente o assuntore di stupefacenti, circostanza contestata dal ricorrente, la sentenza chiarisce che la pluralità dei precedenti penali induce a ritenere inidonea la misura a prevenire la recidiva, sostanzialmente ritenendo l’inaffidabilità sociale del condannato.
Ai sensi del dispositivo di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990: “Chiunque … coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000“.
Ai sensi del dispositivo di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329“.
Ai sensi del dispositivo di cui all’art. 73, comma 5 bis, d.P.R. 309/1990: “Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste“…..
Ai sensi del dispositivo di cui all’art. 73, comma 5 ter, d.P.R. 309/1990: “La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona“.
Va premesso che la sostituzione della pena inflitta o applicata in sede di patteggiamento, con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 73 comma 5 bis d.P.R. 309/1990 è atto discrezionale del giudice, che deve motivare la scelta.
Si tratta di una misura che il legislatore introduce espressamente in favore del tossicodipendente o dell’assuntore di sostanze che abbia commesso il delitto di cui all’art. 73, comma 5 per favorirne la rieducazione ed il reinserimento sociale, tanto che il legislatore pone quale unica condizione l’identificazione del reato in quello di cui al comma 5 della medesima norma, stabilendo una sola eccezione con il comma 5 ter, che autorizza l’applicazione dei lavori di pubblica utilità al tossicodipendente o all’assuntore di stupefacenti che abbia commesso “per una sola volta” un reato diverso da quello di cui al comma 5, purchè la pena inflitta non sia “superiore ad un anno di detenzione“.
Non si legge, dunque, nella lettera della legge alcuna limitazione in ordine alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità per il tossicodipendente o l’assuntore che abbia commesso in precedenza altri reati o reati dello stesso tipo e sia stato già in precedenza ammesso alla medesima misura ex art. 73, comma 5 bis cit.
Ciò non significa, nondimeno, che la valutazione del giudice, che deve stabilire la funzionalità della misura ai fini rieducativi, debba prescindere dalla verifica della storia personale e giudiziaria del soggetto, ben potendo ritenere che l’ammissione ai lavori di pubblica utilità non rivesta in concreto il carattere risocializzante che la disposizione gli assegna.
La Corte di legittimità ha, infatti, precisato che “L’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità prevista dall’art. 73, comma 5-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, non consegue automaticamente al ricorrere dei presupposti legali, bensì è oggetto di una valutazione discrezionale del giudice in ordine alla meritevolezza dell’imputato ad ottenerla“. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza che aveva respinto la richiesta di applicazione della sanzione sostitutiva alla luce delle modalità di detenzione della sostanza stupefacente, della capacità di intessere e mantenere relazioni nel mondo dei fornitori e degli assuntori di sostanze stupefacenti, nonché dell’assenza di dati concreti da cui desumere una seria prospettiva per l’imputato di rescindere tali relazioni). (Cass., Sez. 3, n. 26082 del 22/07/2020; Cass., Sez. 5, n. 11232 del 31/01/2019).
Corte di Cassazione, Sez. 4 n. 19610 Anno 2022