Le mie mani
Le mie mani
ricordando che tu le trovasti belle,
io accorata le bacio,
mani, tu dicesti,
a scrivere condannate crudelmente,
mani fatte per più dolci opere,
per carezze lunghe,
dicesti, e fra le tue le tenevi
leggere tremanti,
ora ricordando te
lontano
che le mani soltanto mi baciasti,
io la mia bocca piano accarezzo.
(Le mie mani poesia della scrittrice Sibilla Aleramo).
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio è già famosa per il romanzo autobiografico del 1906 “Una donna” quando incontra il poeta Dino Campana, di nove anni più giovane. Anticonformista, libera e femminista, Sibilla Aleramo gli aveva scritto in precedenza una lettera, dopo aver letto il suo componimento, in attesa dell’incontro dal vivo avvenuto in un caldo Agosto del 1916; lui era un uomo inquieto ed irrequieto, affetto da problemi mentali con la tendenza a scappare dal suo paese di origine, Marradi, in provincia di Firenze, verso altre città. E’ appassionato di poesia e filosofia, ma il suo più importante componimento, i “Canti Orfici” del 1914 non ottiene grandi apprezzamenti.
Parlano e scrivono, si lasciano e si prendono con un movimento confuso e continuo, con difficile crescita, spesso in modo turbolento e morboso, altre volte con tenerezza e trasporto.
Due anni dopo, nel 1918, la loro relazione termina definitivamente; Dino Campana viene ricoverato in manicomio dove morirà nel 1932 mentre Sibilla Aleramo continua la sua attività di scrittrice nella continua ricerca dell’amore.
Il tormentato sentimento che li avvolse nel silenzio delle loro anime, mentre fuori le potenze mondiali era impegnate nel conflitto, è documentato in un intenso carteggio di lettere scambiate tra la scrittrice e il poeta “Un viaggio chiamato amore – Lettere 1916-1918” pubblicato nel 1987, e dal quale è stato tratto il film Un viaggio chiamato amore (anno 2002) con la regia di Michele Placido.