“Una Donna” è un romanzo del 1906 della scrittrice italiana Sibilla Aleramo: una intima autobiografia dell’autrice stessa che funge da assoluta protagonista. Per tali motivi l’opera è considerata tra i principali romanzi femministi italiani dell’inizio del Novecento.
“Una Donna” narra in prima persona tutta la vita di Sibilla Aleramo partendo dall’ infanzia fino all’età adulta.
La mia fanciullezza fu libera e gagliarda. Risuscitarla nel ricordo, farla riscintillare dinanzi alla mia coscienza, è un vano sforzo. Rivedo la bambina ch’io ero a sei, a dieci anni, ma come se l’avessi sognata. Un sogno bello, che il menomo richiamo della realtà presente può far dileguare. Una musica, fors’anche: un’armonia delicata e vibrante, e una luce che l’avvolge, e la gioia ancora grande nel ricordo.
Emerge con assoluta chiarezza l’amore per il padre, “una adorazione illimitata”. Con la madre aveva un rapporto più distante.
Sovente, dinanzi al babbo, ella aveva un’espressione umiliata, leggermente sbigottita: e non solo per me, ma anche pei bambini, tutta l’idea d’autorità si concentrava nella persona paterna.
E qualche anno più tardi le incomprensioni tra i genitori aumentarono tanto che la madre tentò il suicidio. Venne poi ricoverata presso un manicomio dove rimarrà fino alla morte.
Avevano visto affacciarsi al nostro balcone la figura bianca, scambiata così al sole per una di noi bambine, le avevan fatto cenno di rientrare. La figura s’era sporta, indi abbandonata, piombando di fianco sul terreno.
L’autrice scopre che il padre aveva una relazione extraconiugale e ciò inclinerà il loro rapporto.
Mio padre, l’esemplare raggiante, si trasformava d’un tratto in un oggetto d’orrore: egli, che mi aveva cresciuta nel culto della sincerità, della lealtà, egli nascondeva a mia madre, a noi tutti un lato della sua vita.
“Una Donna” prosegue con la descrizione della violenza sessuale subita dall’autrice da colui che era il suo compagno, nonchè collega di lavoro.
Così, sorridendo puerilmente, accanto allo stipite d’una porta che divideva lo studio del babbo dall’ufficio comune, un mattino fui sorpresa da un abbraccio insolito, brutale: delle mani tremanti frugavano le mie vesti, arrovesciavano il mio corpo fin quasi a coricarlo attraverso uno sgabello, mentre istintivamente si divincolava.
Questa violenza la trascina nel mondo adulto: “E donna, ecco, ero divenuta subitamente, proprio quando non potevo più confidarmi a mio padre, quando tutto il nostro passato perdeva ogni valore ai miei occhi, quando la stessa mamma mia non era più in grado di ascoltarmi e di illuminarmi”.
Viene, pertanto costretta a sposarsi e dal matrimonio nascerà un bambino che non cambierà il rapporto burrascoso col marito, facendola cadere in una profonda depressione e nel tentativo di suicidio. Riesce comunque a riprendersi e inizia a lavorare presso una testata giornalistica che le ridà dignità ed indipendenza. Al termine di un doloroso percorso interiore riesce a lasciare il marito ma, purtroppo anche il figlio, al quale dedica il libro “Una Donna” nella speranza che lo stesso possa comprenderla.
Un giorno avrà vent’anni. Partirà, allora, alla ventura, a cercare sua madre? O avrà già un’altra immagine femminile in cuore? Non sentirà allora che le mie braccia si tenderanno a lui nella lontananza, e che lo chiamerò, lo chiamerò per nome?
O io forse non sarò più…. Non potrò più raccontargli la mia vita, la storia della mia anima…. e dirgli che l’ho atteso per tanto tempo!
Ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno.