Limiti del diritto di cronaca nell’attività giornalistica

limitiSovente il diritto di cronaca incontra limiti precisi. Per comprendere la portata di tali limiti, è opportuno premettere che siffatto diritto rappresenta una particolare manifestazione della libertà di manifestazione del pensiero, espressamente prevista dall’articolo 21 della Costituzione.

In particolare l’attività giornalistica è stata oggetto di attenti studi dottrinari e di copiosa elaborazione giurisprudenziale, che hanno riguardato soprattutto la questione del bilanciamento fra il bene dell’onore e il diritto di cronaca o di critica, nei quali gli interessi contrapposti sono da un lato la libertà di manifestazione del pensiero, alla quale si ricollegano i diritti predetti, e dall’altro il diritto all’onore e alla reputazione tutelato penalmente attraverso la fattispecie di diffamazione (e fino a qualche tempo fa anche attraverso la fattispecie di ingiuria, tuttavia oggi depenalizzata) e che troverebbe addirittura un fondamento costituzionale negli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale.

La giurisprudenza, ma anche la dottrina, raramente hanno affrontato casi in cui il diritto di cronaca è stato invocato quale scriminante per reati diversi da quelli costituenti una offesa all’onore e al decoro della persona.

Il diritto alla libera manifestazione del pensiero è stato talvolta, con riferimento ai reati di opinione, impropriamente riconosciuto dai giudici del merito in relazione a fatti di occupazione di edifici, di blocco stradale e di interruzione di pubblico servizio commessi in occasione di manifestazioni di protesta.

La giurisprudenza di legittimità e la stessa dottrina hanno rilevato che in questi casi la condotta penalmente rilevante non è la manifestazione di pensiero in sé, bensì una condotta materiale diversa ed ulteriore rispetto ad essa, posta in essere allo scopo di rafforzare l’efficacia del messaggio che si intende comunicare.

Ed è stato acutamente osservato, altresì, che tale condotta esula già dai limiti interni della libertà di manifestazione del pensiero, giacché la sua strumentalità rispetto alla diffusione di un pensiero non è sufficiente a rendere operante la garanzia di cui all’articolo 21 della Costituzione: in caso contrario, infatti qualsiasi condotta (anche costituente un grave reato) potrebbe reclamare tale garanzia, sol che venisse compiuta allo scopo di rafforzare il messaggio dei manifestanti.

Perciò è stato correttamente negato dalla giurisprudenza di legittimità che sia invocabile la libertà in esame in una fattispecie in cui gli imputati avevano occupato i binari ferroviari per manifestare contro la soppressione di una fermata, provocando così un rallentamento del corso dei convogli durante quasi due ore.

Analogamente, il diritto di cronaca può costituire scriminante per gli eventuali reati commessi con la pubblicazione e la diffusione della notizia e non per quelli compiuti al fine di procacciarsi la notizia: sarebbe davvero singolare, ad esempio, se un giornalista potesse introdursi, con la violenza e contro la volontà del dominus, all’interno di una abitazione privata allo scopo di intervistare un soggetto, sia pure di grande rilevanza pubblica e giornalistica,  che si trovi in quel luogo, senza per ciò rispondere dei delitti di violenza privata e di violazione di domicilio.

Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto:

“il diritto di critica e quello di cronaca rilevano solo rispetto all’informazione su fatti storici alla cui concretizzazione è estraneo il soggetto che quei diritti esercita: è scriminato l’articolo che dà conto di un fatto vero, mentre non è scriminata la condotta di chi, per raccogliere la notizia, violi la legge penale”.

Corte di Cassazione Sent. Num. 27984 Anno 2016

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