Limiti del giudicato
I limiti del giudicato si articolano tra il giudicato formale (art. 324 c.p.c.) e sostanziale (art. 2909 c.c.).
Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395.
L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa
Il giudicato copra “il dedotto ed il deducibile” cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione, così avendosi il giudicato implicito (Cass. n. 5486/2019).
L’ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del “petitum” e della “causa petendi”, fermo restando il requisito dell’identità delle persone. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, rispetto alla domanda relativa ai rapporti patrimoniali post-coniugali tra persone di nazionalità iraniana, regolati da convenzione matrimoniale, aveva ritenuto che nella sentenza di divorzio pronunciata tra le stesse parti da un giudice straniero fosse ravvisabile un giudicato esterno, senza però verificare se tra le due cause vi fosse identità di “petitum” e di “causa petendi”, da escludersi quanto alla dote, agli alimenti e al concorso alle incombenze coniugali durante la vita comune, in quanto istituti correlati al matrimonio e non al divorzio). (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 33021 del 09/11/2022)