L’indegno è colui che viene escluso dalla successione in relazione a determinate condotte tenute da quest’ultimo nei confronti del defunto e tassativamente indicate dalla legge.
Ai sensi dell’art. 463 C.c.: “È escluso dalla successione come indegno:
1) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale;
2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio;
3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile, con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;
3 bis) chi, essendo decaduto dalla responsabilità genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell’art. 330, non è stato reintegrato nella responsabilità genitoriale alla data di apertura della successione medesima;
4) chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o ne l’ha impedita;
5) chi ha soppresso, celato, o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.
E’ indegno, ex art. 463 C.c., n. 5, chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata.
L’indegnità consegue a un comportamento volontario che abbia impedito il realizzarsi delle ultime volontà del testatore, contenute nella scheda celata: è ovvio che una soppressione colposa non produce indegnità. (Cass., Sez. II, 03/07/2019, n.17870).
La dottrina esclude l’applicazione della norma quando la soppressione sia bensì voluta, ma per fini degni di considerazione sociale, come quello di nascondere una situazione incresciosa. Si sostiene ancora che non incorre nell’indegnità l’erede favorito col testamento che, agendo contro i suoi interessi, lo nasconde o lo sopprime, dividendo con gli altri l’eredità. E’ stata poi esclusa l’applicazione della norma se colui contro il quale si rivolge l’accusa d’indegnità sia contemporaneamente il successore legittimo e l’erede designato nel testamento (Cass. n. 9274/2008).