Manifesta ubriachezza
Dispositivo dell’art. 691 Codice Penale
Somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza
Ai sensi dell’art. 691, co. 1, c.p., è punito con l’arresto da tre mesi a un anno “chiunque somministra bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta ubriachezza“.
Come è stato correttamente rilevato in dottrina, la finalità di tale previsione normativa consiste nel tutelare la salute del soggetto affetto da ubriachezza, che rappresenta la vittima della somministrazione.
La norma in questione, tuttavia, non definisce la nozione di “manifesta ubriachezza“, che è compito dell’interprete ricostruire, costituendo elemento costitutivo della fattispecie legale.
In tale opera ricostruttiva soccorre l’elaborazione svolta dalla giurisprudenza di legittimità in sede di interpretazione del testo dell’art. 688, c.p., secondo cui la “manifesta ubriachezza” costituiva di per sé reato, prima che tale fattispecie venisse trasformata in illecito amministrativo dall’art. 54, del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.
Per individuare il concetto di manifesta ubriachezza bisogna, pertanto, fare riferimento alla giurisprudenza relativa all’art. 688, c.p., prima che il reato di ubriachezza venisse depenalizzato, in quanto l’intervenuta depenalizzazione del reato in questione, non fa venir meno la rilevanza della nozione di “manifesta ubriachezza“, elaborata dalla giurisprudenza di legittimità in passato, con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 691, c.p., in cui tale condizione rappresenta uno degli elementi costitutivi del reato.
Si è così affermato che la contravvenzione di ubriachezza punita dall’art. 688, c.p., concorre con la guida in stato di ebbrezza punita dall’art. 186 del codice della strada, data la diversità degli interessi giuridici rispettivamente tutelati dalle due norme. Nel codice penale, infatti, l’art. 688 mira alla prevenzione dell’alcolismo e alla tutela dell’ordine pubblico, in quello stradale, invece, l’art. 186 vuole garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l’incolumità di chi vi si trova.
La differenza tra l’ebbrezza e l’ubriachezza sta nell’intensità dell’alterazione psicofisica, più grave nella seconda per la presenza di un maggior tasso alcolemico, nonché nel fatto che mentre l’ebbrezza può non essere manifesta, l’ubriachezza è punibile solo quando lo è.
L’ubriachezza, quindi, in sé comprende e assorbe, dal punto di vista clinico, l’ebbrezza, perché ne costituisce uno stato più avanzato: ma, per essere perseguibile, deve essere oltre che in luogo pubblico, anche manifesta (cfr. Cass., Sez, U, n. 1299 del 27/09/1995).
Ed ancora: il reato di cui all’art. 688, c.p., deve ritenersi pienamente sussistente laddove il comportamento in pubblico dell’agente denunci inequivocabilmente uno stato di manifesta ubriachezza, tale da essere facilmente percepite da chiunque, come nel caso in cui lo agente presenti un alito fortemente alcoolico, abbia un’andatura barcollante e presenti una pronuncia incerta e balbettante (cfr. Cass., Sez. 4, n. 6336 del 20/12/1985).
Ed infine che l’ubriachezza è manifesta quando il grado di intensità sia tale che tutti possano avvedersene. Alla stregua di tale principio, conforme al testo dell’art. 688, c.p., lo stato di ubriachezza in luogo pubblico è oggetto di comune apprezzamento senza bisogno di indagini peritali, non richieste dalla legge (cfr. Cass., Sez. 6, n. 1965 del 26/05/1975).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 n. 27896 del 2021