Nella messa alla prova per adulti è ravvisabile una connotazione di natura sostanziale, laddove essa ha natura di causa di estinzione del reato che interviene solo al termine di una ben precisa procedura di ammissione e di una fase di sottoposizione dell’imputato alla messa alla prova, prodromica agli effetti sostanziali, il cui esito é non solo del tutto incerto, ma é altresì comprensivo di possibili, pregnanti interventi del Giudice.
Ciò, unitamente alla considerazione che i termini per la richiesta della messa alla prova si atteggiano in modo assai simile a quelli dei procedimenti speciali, sembra far prevalere i profili processuali della disciplina in esame rispetto a quelli sostanziali.
Inoltre, assumono rilievo sia il fatto che la Legge 67/2014, oltre a non prevedere una disciplina transitoria, ha espressamente individuato ben precisi termini di decadenza per la domanda (quelli di cui all’ art. 464-bis comma 2 C.p.P.), sia il fatto che, a fronte di quanto accaduto per la disciplina della sospensione dei procedimenti in absentia (con la legge 118/2014), neppure in un momento successivo il Legislatore é intervenuto per introdurre una disciplina di diritto intertemporale per la messa alla prova per adulti.
Il che depone ulteriormente per una scelta del Legislatore nel senso della regolamentazione dell’istituto senza particolari previsioni transitorie e (stante appunto l’introduzione di specifici termini di decadenza) dell’irretroattività della disciplina in esame in quanto regolata dal principio tempus regit actum vigente in materia processuale.
Né offre argomenti a contrario il raffronto, pur sostenuto da una parte della dottrina, con l’istituto dei lavori di pubblica utilità previsti nell’ambito dei reati stradali ex art. 186, comma 9-bis Cod.Strada, in relazione ai quali é stata ammessa l’applicazione retroattiva dei lavori di pubblica utilità anche ai fatti antecedenti la Legge 120/2010 che li ha introdotti.
Va osservato che i lavori di pubblica utilità sono espressamente qualificati come sanzioni sostitutive, che trovano applicazione in sede di definizione del processo e previa determinazione di una sanzione finale, ed é perciò del tutto naturale che essi vengano assimilati alle previsioni sanzionatorie con riferimento all’applicabilità retroattiva pro reo.
La messa alla prova, invece, pur presentando indubbie affinità sul piano esecutivo, non ha né tali caratteristiche né tali finalità e, se fallisce, il processo riprende il suo corso (mentre l’esito negativo dei lavori di pubblica utilità implica l’applicazione della pena che era stata sostituita).
Del resto, non può sottacersi che la giurisprudenza di legittimità si é ormai assestata su un orientamento che qualifica l’istituto della messa alla prova come avente carattere essenzialmente processuale, con conseguente applicazione (in mancanza di disposizioni transitorie) del principio tempus regit actum.
Corte di Cassazione sent. 7917 Anno 2016