Nell’ipotesi di una notizia inesatta (ma non falsa) è configurabile alcun reato di diffamazione a mezzo stampa in capo all’autore dell’articolo?
Nel caso di specie la corte di merito aveva condannato l’imputato in qualità di direttore responsabile del giornale, alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione ai reati di cui agli artt. 595, c.p., 13, L. n. 47 del 1948, 57, c.p., per avere omesso di esercitare il controllo necessario ad impedire che, con il mezzo della pubblicazione, fosse commesso il reato di diffamazione, contestato al giornalista, autore dell’articolo, ritenuto lesivo della reputazione professionale della persona offesa.
Ed invero, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell’esimente del diritto di cronaca giudiziaria, il giornalista deve esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio, non essendo sufficiente in proposito l’affidamento in buona fede sulla fonte informativa (soprattutto quando questa sia costituita da un’altra pubblicazione giornalistica, atteso che, in tal caso, l’agente si limita a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale: cfr. Cass., Sez. V, 19.5.2015, n. 35702), non potendosi invocare in proprio favore tale esimente qualora si attribuisca alla persona offesa, nei cui confronti penda un procedimento penale, una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari (cfr. Cass., Sez. V, 9.12.2010, n. 4558).
Va, inoltre, ribadito il principio, del pari fatto proprio dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell’operatività dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, soltanto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale, non determinano il superamento della verità del fatto stesso (cfr. Cass., sez. V, 08/04/2009, n. 28258), non potendosi ritenere certamente irrilevante per la reputazione di un soggetto, l’attribuzione allo stesso di un fatto-reato, diverso da quello effettivamente accertato nel corso delle indagini (cfr., in questo senso, Cass., sez. V, 4.12.2012, n. 5760; Cass., sez. V, 11.5.2012, n. 39503).
Appare pertanto evidente l’impossibilità (come correttamente ritenuto dalla corte territoriale) di invocare la suddetta esimente in favore dell’autore dell’articolo, che non ha operato il necessario e doveroso controllo sulla verità della notizia che ha formato oggetto dell’articolo pubblicato sul giornale.
Del tutto legittimamente, pertanto, è stata affermata la responsabilità a titolo di colpa del direttore responsabile del giornale ai sensi dell’art. 57, c.p., derivante dalla sua posizione di garanzia, non avendo dimostrato, peraltro, di avere fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia (cfr. Cass., sez. V, 2.5.2016, n. 42309; Cass., sez. V, 15.10.2009, n. 48119).
Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 8 maggio 2017, n. 22202