L’esimente di cui all’art. 598 Codice Penale “Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative” opera come causa di esclusione della punibilità nell’ipotesi della diffamazione e stabilisce che:
“Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo“.
“Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazioni della sentenza“. Tali dichiarazioni “offensive” devono essere collegate al processo in corso e nel quale trovano collocazione, per il quale non sono punibili.
Ed invero, come affermato dall’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, l’esimente di cui all’art. 598, C.p., per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative, non si applica alle accuse calunniose contenute in tali atti, considerato che la predetta disposizione si riferisce esclusivamente alle offese e non può, pertanto, estendersi alle espressioni calunniose (in applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto – in ordine al reato di cui all’art. 595 C.p. ascritto all’imputato che aveva, nel testo di una comparsa depositata nel corso di un procedimento civile, accusato altro avvocato
di avere mancato ai propri doveri professionali omettendo di comunicare al proprio cliente un decreto di archiviazione, ai fini della tempestiva opposizione, decreto in realtà mai esistito, che pur trattandosi di fatto oggettivamente offensivo per la reputazione di un legale, non integrasse gli estremi del delitto di diffamazione, in ragione dell’esistenza dell’esimente di cui all’art. 598 C.p. (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, n. 29235 del 19/05/2011).
Né va taciuto che, sempre per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall’art 598, C.p., è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, n. 2507 del 24/11/2016). (cit. Cass. n. 34816/2021).