La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento si pronuncia in merito alla competenza a decidere, tra il Tribunale in composizione monocratica e il Giudice delle indagini Preliminari, sull’istanza di messa alla prova ex art. 464 bis C.p.P., formulata a seguito dell’opposizione al decreto penale di condanna.
A parere della giurisprudenza di legittimità l’art. 461 comma 3 C.p.P., ovvero la norma che individua nel giudice che ha emesso il decreto penale di condanna l’autorità giudiziaria destinataria della richiesta dell’imputato di ammissione al giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena a norma dell’art. 444 C.p.P., non è applicabile, in via analogica, alla diversa ipotesi in cui con l’opposizione al decreto penale sia stata invece formulata una richiesta di messa alla prova ex art. 464 bis C.p.P.
In favore di tale soluzione militano, invero, sia l’obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a quella di ammissione ad un rito alternativo, resa evidente anche dal dato testuale della mancanza di una espressa previsione in tal senso, da ritenersi indicativa di una volontà del legislatore di attribuire, in tal caso, la competenza al giudice chiamato a definire il giudizio conseguente all’opposizione al decreto penale, sia anche la previsione dell’art. 464 sexíes C.p.P., secondo cui “durante la sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato”.
Deve riconoscersi, infatti, che se dovesse essere ritenuto competente il Giudice delle indagini preliminari, quest’ultimo, del tutto incongruamente, “dovrebbe acquisire delle prove relativamente al giudizio che, in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione con messa la prova, verrebbe poi ad essere celebrato, per la restante parte, dal giudice del dibattimento”, con la conseguenza che, così argomentando il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi di “incidente probatorio”, ulteriormente derogando in maniera tra l’altro non espressa al principio di oralità della prova.
Occorre altresì considerare che l’art. 464 octies, comma 4 C.p.P., in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova, prevede espressamente che “quando l’ordinanza di revoca è divenuta definitiva il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso”, il che induce a ritenere, proprio in considerazione del carattere “incidentale” dell’istituto e del conseguimento dell’estinzione del reato solo in caso di esito positivo della messa in prova, che il procedimento debba essere trattato, nel caso di opposizione al decreto penale di condanna, innanzi al giudice davanti al quale sarà essere espletato il giudizio, che nel caso in specie è senz’altro quello dibattimentale.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 25867 Anno 2016