L’indagine che si vuole affrontare con il presente articolo concerne se il cosiddetto voyeurismo possa o meno rientrare nella nozione di atto sessuale caratterizzato dal requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento degli istinti sessuali del soggetto attivo e quello oggettivo di violare la libertà di autodeterminazione della vittima.
Occorre invero stabilire se senza compiere atti sessuali sulla vittima, il fatto di assistere traendo, di conseguenza una “soddisfazione erotica” dall’atto sessuale possa comportare una partecipazione alla violenza integrando il cosiddetto concorso di persone, in senso implicito, quale rafforzamento o sostegno all’attività criminosa.
La giurisprudenza di legittimità parte dal presupposto che la nozione di atti sessuali attualmente contemplata dal codice penale deve comunque coinvolgere la corporeità sessuale del soggetto passivo il quale, stabilisce l’art. 609 bis C.p., deve essere costretto “a compiere o subire atti sessuali”.
Tale requisito è ritenuto infatti determinante, per distinguere l’atto sessuale propriamente detto da tutti gli altri atti che, sebbene significativi di concupiscenza sessuale, siano tuttavia inidonei ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, in quanto comportano esclusivamente un’offesa alla libertà morale o al sentimento pubblico del pudore, come avviene nel caso dell’esibizionismo, dell’autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del “voyeurismo”.
Nel nostro sistema giuridico il voyeurismo in quanto tale, moralmente riprovevole e a volte costituente una forma di parafilia, non ha infatti la rilevanza penale di condotta concorrente di una violenza sessuale posta in essere da altri, a meno che l’atto del guardare sia stato oggetto di un preventivo accordo tra i soggetti oppure venga palesato all’esecutore materiale della violenza sessuale, divenendo in tal modo il guardare un’attività “consensuale” tra il voyeur e l’autore del reato, contribuendo in tal modo a sollecitare o a rafforzare il proposito criminoso di quest’ultimo, incidendo direttamente sul reato in corso di consumazione e rendendo, così, manifesta anche la piena condivisione da parte del voyeur dell’azione criminosa.
Il voyeurismo, ne deriva, che può essere ricondotto ad una ipotesi di molestia nei confronti delle persone oggetto della morbosa curiosità, ma non integra violenza sessuale nei confronti delle stesse.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 35150 Anno 2011
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 23094 Anno 2011