Overturning e prova dichiarativa

Overturning Esimente del diritto di satira Critica Sentenza di non doversi procedere Revoca della pena sostitutiva del lavoro di Tradimento e risarcimento del danno Contraffazione Contraffazione grossolana Danno cagionato da cosa in custodia Diniego dell'applicazione dell'istituto della messa alla prova Programma di trattamento e Pubblicazione di foto Trasferimento del lavoratore subordinato Modifica del programma Trasferimento del lavoratore contratto preliminare ad effetti anticipati Espressioni denigratorie Revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento Impugnazione avverso la sentenza di estinzione del reato Incapacità naturale Messa Medico del lavoro Abbandono della casa coniugale Messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado Spese a carico dell'usufruttuario L'ordinanza Pettegolezzo Sospensione della prescrizione Addebito della separazione La caparra confirmatoria Iscrizione di ipoteca Assegno divorzile Rimessione in termini Diritto di satira Programma di trattamento Prestazione di attività non retribuita Diritto di cronaca giudiziaria Circostanze aggravanti Diritto morale d'autore Reato di diffamazione tramite la rete internet Decreto penale di condanna e Impugnazione dell'ordinanza di rigetto Giudizio abbreviato e sospensione del procedimento per messa alla prova tollerabilità delle immissioni Vizi della cosa locata Diffamazione Diffamazione tramite la rete Internet Preliminare di vendita Casellario giudiziale Rilascio dell'immobile locato lavori di straordinaria amministrazione Garanzia per i vizi revoca della sanzione sostitutiva Paternità dell'opera Esimente della verità putativa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale Diritto di cronaca Sincronizzazione Animali da compagnia Traduzione Obbligazione naturale Modifica del programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaL’overturning ricorre nell’ipotesi in cui l’imputato, assolto in primo grado sulla base di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, sia condannato in appello, su impugnazione del pubblico ministero, sulla base del medesimo materiale probatorio. L’overturning si basa, pertanto, su due sentenze dal contenuto antitetico pur essendo entrambe fondate sulle medesime prove. (Cass. Sez. U. n. 14426/2019).

A questa evenienza potenzialmente contraddittoria, la giurisprudenza di legittimità, ha rimediato, a livello interpretativo, con l’introduzione di due principi:
a) il principio del contraddittorio cartolare, per effetto del quale, l’imputato assolto, a fronte di un appello del pubblico ministero in grado, potenzialmente, di determinare, la riforma della sentenza di assoluzione, “ha il diritto di riproporre ogni questione sostanziale e processuale già posta e disattesa in primo grado nonchè di chiedere con memorie o istanze l’acquisizione di altre e diverse prove favorevoli e decisive, pretermesse dal primo giudice, con la conseguenza che il giudice di appello ha l’obbligo di argomentare al riguardo e, in caso di omissione, l’imputato può dedurre con ricorso per cassazione la relativa mancanza di motivazione” (Cass. Sez. U. n. 33748/2005);
b) il principio della motivazione rafforzata secondo il quale “il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato” (Cass. Sez. U. n. 33748/2005).
La combinazione di questi due principi ha, infatti, consentito alla giurisprudenza di legittimità di ritenere “che le fondamentali garanzie di cui agli artt. 24, comma secondo, e 111 Cost. attinenti al pieno esercizio delle facoltà difensive, anche per i profili della formazione della prova nel contraddittorio fra le parti e dell’obbligo di valutazione della stessa nel rispetto dei canoni di legalità e razionalità, siano riconosciute ed assicurate nel giudizio di appello instaurato a seguito dell’impugnazione del pubblico ministero contro la sentenza assolutoria di primo grado” (Cass. Sez. U. n. 33748/2005).

Successivamente è intervenuto il legislatore che, con l’art. 1 comma 58 della Legge n. 103 del 23/06/2017 ha, con decorrenza dal 03/08/2017, introdotto all’art. 603 C.p.P. il comma 3-bis a norma del quale “Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale” (o overturning). (Cass. Sez. U. n. 14426/2019).

La norma, avendo evidente natura eccezionale rispetto alle previsioni di cui ai precedenti commi, ed essendo, quindi, di stretta interpretazione, ha sì introdotto una nuova ipotesi di ammissione d’ufficio delle prove (art. 190, comma 2, C.p.P.), ma l’ha disciplinata limitando l’obbligo (“dispone“) di rinnovazione dell’istruttoria alle seguenti condizioni:
a) che il soggetto impugnante sia il pubblico ministero (non, quindi, la parte civile);
b) che oggetto dell’impugnazione sia una sentenza di condanna che il giudice di appello riformi in pejus (e non viceversa);
c) che i motivi di appello siano “attinenti alla valutazione della prova dichiarativa“: dal che si desume la regola implicita secondo la quale il giudice di appello ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria solo nel caso in cui intenda riformare in pejus la sentenza impugnata basandosi esclusivamente su una diversa valutazione, rispetto a quella effettuata dal primo giudice, della prova dichiarativa che abbia carattere di decisività. (Cass. Sez. U. n. 14426/2019).

Il sintagma “prova dichiarativa” di cui al comma 3-bis dell’art. 603 C.p.P. è stato introdotto, per la prima volta, nel codice di procedura penale dall’art. 1 comma 58 della Legge 23 Giugno 2017 n. 107.
La legge non specifica né chiarisce cosa si debba intendere per “prova dichiarativa“: di conseguenza, poiché la nuova norma ruota sul suddetto sintagma, è opportuno darne una definizione e stabilire, quindi, quale sia il suo campo di applicazione.
Alle prove, il codice di procedura penale dedica l’intero libro terzo, nell’ambito del quale è possibile individuare i seguenti tre elementi essenziali:
– l’oggetto della prova: l’art. 187 C.p.P., a tal proposito, stabilisce che oggetto della prova sono, fra gli altri, “i fatti che si riferiscono all’imputazione“: quindi, elemento di prova diventa quel fatto che, una volta veicolato legittimamente nel processo (art. 191 C.p.P.) può essere utilizzato dal giudice per la decisione (art. 546 lett. e) C.p.P.);
– la fonte della prova: è il soggetto o l’oggetto da cui l’elemento di prova deriva;
– i mezzi di prova (artt. 194-243 C.p.P.) che “si caratterizzano per l’attitudine ad offrire al giudice risultanze direttamente utilizzabili per la decisione” al contrario dei mezzi di ricerca prova (artt. 244-271 C.p.P.) che “non sono di per sé fonte di convincimento ma rendono possibile acquisire cose materiali, tracce o dichiarazioni dotate di attitudine probatoria …”).
Per le modalità di assunzione e per la fonte da cui provengono, i mezzi di prova possono distinguersi in:
a) prova proveniente da un soggetto le cui informazioni, nel contraddittorio delle parti, vengono trasmesse attraverso il linguaggio verbale (testimonianza; esame delle parti; confronti; ricognizioni);
b) prova proveniente da “scritti o altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografie, la fonografia o qualsiasi altro mezzo” (art. 234 C.p.P.);
c) prova finalizzata a ricostruire un fatto (esperimenti giudiziali) o “a svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni” (perizia).
d) prova acquisita al dibattimento o attraverso il linguaggio verbale (mezzi di prova sub a) o attraverso segni non verbali (scrittura: mezzi di prova sub b) o attraverso entrambe le modalità (perizia e consulenza). (Cass. Sez. U. n. 14426/2019).
Ne consegue che la prova dichiarativa, agli effetti di cui all’art. 603, comma 3-bis, C.p.P., deve avere le seguenti caratteristiche:
a) deve trattarsi di prova che può avere ad oggetto sia dichiarazioni percettive che valutative perché la norma non consente interpretazioni restrittive di alcun genere;
b) dev’essere espletata a mezzo del linguaggio orale (testimonianza; esame delle parti; confronti; ricognizioni), perché questo è l’unico mezzo che garantisce ed attua i principi di oralità ed immediatezza: di conseguenza, in essa non possono essere ricompresi quei mezzi di prova che si limitano a veicolare l’informazione nel processo attraverso scritti o altri documenti (art. 234 C.p.P.);
c) dev’essere decisiva essendo stata posta dal giudice di primo grado a fondamento dell’assoluzione. E, relativamente al concetto di decisività, non resta che ribadire quanto, sul punto, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. U. n. 27620/2016) ovvero ai fini della valutazione del giudice di appello investito di una impugnazione del pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione, devono ritenersi prove dichiarative “decisive” quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato o anche soltanto contribuito a determinare un esito liberatorio, e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso del materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee a incidere sull’esito del giudizio di appello, nell’alternativa “proscioglimento-condanna”. Appaiono parimenti “decisive” quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell’esito di condanna. Non potrebbe invece ritenersi “decisivo” un apporto dichiarativo il cui valore probatorio, che in sè considerato non possa formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione della responsabilità.
d) di essa il giudice di appello deve dare una diversa valutazione. (Cass. Sez. U. n. 14426/2019).

Solo ove sussistano, congiuntamente, tutte le suddette condizioni, il giudice di appello ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria (in caso di overturning).
Quindi, per prova dichiarativa deve intendersi quell’atto comunicativo con il quale un emittente trasmette, attraverso il linguaggio verbale, fatti percettivi o valutazioni di cui sia a conoscenza e che siano rilevanti ai fini della decisione. Di conseguenza, ove risulti decisiva, il giudice di appello, nel caso di riforma della sentenza di assoluzione sulla base di un diverso apprezzamento della medesima, (o overturning) ha l’obbligo di procedere alla rinnovazione dibattimentale tramite l’esame del suddetto emittente. (Cass. Sez. U. n. 14426/2019 secondo la quale la dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico costituisce prova dichiarativa assimilabile a quella del testimone e di conseguenza sottoposta alla regola dell’art. 603, comma 3-bis, C.p.P.).

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