L’ esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’ articolo 131 bis C.p., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 Marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità.
Tuttavia, occorre rilevare che alla giurisprudenza di legittimità è precluso l’ apprezzamento dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità allorchè si renda necessaria una valutazione complessiva di profili di fatto, potendo rilevare d’ ufficio ex articolo 609, comma secondo, C.p.P., la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto articolo 131 bis C.p.
Nell’ ipotesi in cui sia cessata la permanenza del reato che cosa accade?
La giurisprudenza di legittimità ha opportunamente precisato che il reato permanente, non essendo riconducibile nell’ alveo del comportamento abituale ostativo al riconoscimento del beneficio ex art. 131 bis Codice Penale, può essere oggetto di valutazione con riferimento all’ “indice-criterio” della particolare tenuità dell’ offesa, la cui sussistenza sarà tanto più difficilmente rilevabile quando più tardi sarà cessata la permanenza.
In tal senso la Suprema Corte di Cassazione afferma il seguente principio di diritto:
” In tema di reati permanenti, è preclusa l’ applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto finché la permanenza non sia cessata, a cagione della perdurante compressione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, per effetto della condotta delittuosa compiuta dall’ autore del fatto di reato, non potendosi considerare tenue, secondo i criteri di cui all’ art. 133, comma 1, Codice Penale e dei quali occorre tenere conto ai fini della particolare tenuità del fatto, un’ offesa all’ interesse penalmente tutelato che continua a protrarsi nel tempo”.
Corte di Cassazione sentenza n. 30383 anno 2016