Paternità dei post nel reato di diffamazione a mezzo internet
In tema di diffamazione a mezzo internet in assenza di più specifici accertamenti tesi a individuare l’indirizzo IP del mittente è possibile attribuire la paternità dei post alla persona attenzionata?
A tal riguardo, va rimarcato quanto già chiarito dalla giurisprudenza della Corte di legittimità a proposito del carattere non necessario dell’accertamento tecnico relativo alla titolarità dell’indirizzo IP, da cui risultano spediti i messaggi offensivi. Infatti, «ai fini dell’affermazione della responsabilità per il delitto di diffamazione, l’accertamento tecnico in ordine alla titolarità dell’indirizzo IP da cui risultano spediti i messaggi offensivi non è necessario, a condizione che il profilo “facebook” sia attribuibile all’imputato sulla base di elementi logici, desumibili dalla convergenza di plurimi e precisi dati indiziari quali il movente, l’argomento del “forum” sul quale i messaggi sono pubblicati, il rapporto tra le parti, la provenienza del “posi:” dalla bacheca virtuale dell’imputato con utilizzo del suo “nickname”» (Sez. 5, n. 38755 del 14/07/2023, L., Rv. 285077 – 01).
Ciò è conforme alla consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui «in tema di diffamazione a mezzo “internet”, anche in mancanza di accertamenti informatici sulla provenienza dei “post”, è possibile riferire il fatto diffamatorio al suo autore su base indiziaria, a fronte della convergenza, pluralità e precisione di dati quali: il movente; l’argomento trattato nelle frasi pubblicate o il tenore offensivo dei contenuti; il rapporto tra le parti; la provenienza dei messaggi dalla bacheca virtuale dell’imputato, con utilizzo del “nickname” dello stesso; l’assenza di denuncia di “furto di identità” da parte dell’intestatario del “profilo” sul quale vi è stata la pubblicazione dei “post” incriminati» (Sez. 5, n. 25037 del 17/03/2023, Melis, Rv. 284879 – 01, ex multis).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 5 n. 7358 del 2024