Pena detentiva convertita in pena pecuniaria e sostituzione con il lavoro dì pubblica utilità
Ipotesi del decreto penale di condanna
L’istituto de quo è regolato dall’art.186 cod. strada, il cui comma 9-bis così dispone: «Al di fuori dei casi previsti dal comma 2-bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi e’ opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.274, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività a svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze. ….. In deroga a quanto previsto dall’articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità. In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla meta della sanzione () della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.»
Nato nel codice penale Zanardelli del 1889 come sanzione sostitutiva della detenzione risultante dalla conversione della pena pecuniaria rimasta inadempiuta per insolvibilità del condannato, e riproposto dalla legge 26 luglio 1975, n.354 sull’ordinamento penitenziario, che prevedeva all’art.49 che le pene detentive derivanti dall’automatica conversione di pene pecuniarie fossero espiate in regime di semilibertà nel caso in cui il condannato non fosse ammesso al lavoro alle dipendenze di enti pubblici o affidato in prova al servizio sociale, l’istituto del lavoro di pubblica utilità è stato inserito dal legislatore nell’ordinamento penale quale sanzione sostitutiva sussidiaria con la legge 24 novembre 1981, n.689 (artt.102 e 105) a seguito della pronuncia con la quale la Corte Costituzionale, con sentenza n.131 del 16 novembre 1979, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 136 cod. pen. (a norma del quale le pene pecuniarie, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertivano in pena detentiva) considerando lesiva del principio di eguaglianza in materia penale l’automatica e indifferibile conversione, dovuta all’accertata insolvibilità del condannato, della pena pecuniaria in pena detentiva.
Previsto in alcune leggi speciali come sanzione accessoria o come nuova modalità di esecuzione del lavoro all’esterno per detenuti e internati, l’istituto del lavoro di pubblica utilità è stato introdotto con il rango di pena principale con l’entrata in vigore del d. Igs. 28 agosto 2000, n.274 “,Disposizioni sulla competenza penale del Giudice di pace) tra le pene «paradetentive» che il giudice di pace può irrogare, mentre con legge 21 febbraio 2006, n.49, art.73, comma 5-bis, è stato configurato come sanzione sostitutiva della pena detentiva e pecuniaria da applicare ai tossicodipendenti o agli assuntori di sostanze stupefacenti nei casi in cui il delitto sia di lieve entità.
Quest’ultima disposizione è stata, sostanzialmente, ripresa anche nella legge 29 luglio 2010, n.120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), che ha aggiunto all’art.186 il comma 9-bis (e all’art.187 il comma 8-bis) cod. strada ripercorrendo il paradigma della sanzione sostitutiva, sia pure calibrata sulla disciplina introdotta nei procedimenti di competenza del Giudice dì pace (art.54 d. lgs. n.274/2000).
Da questo sintetico quadro normativo si desume che il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art.186, comma 9-bis, cod. strada consista in una pena che, a giudizio discrezionale del giudice di merito secondo i criteri dettati dall’art.133 cod. pen. (Sez. 4, n. 13466 del 17/01/2017), può tenere luogo della pena detentiva o pecuniaria inizialmente irrogata; la differenza rispetto alla pena prevista nei procedimenti dinanzi al giudice di pace consiste nel fatto che la pena irrogata, detentiva o pecuniaria, possa essere ripristinata in caso di violazione degli obblighi.
Dalla natura di sanzione penale del I.p.u. si è desunto il principio interpretativo secondo il quale deve ritenersi «illegittima la decisione del giudice di merito con la quale la pena per il reato di guida in stato di ebbrezza, previa conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, è sostituita nel suo complesso con lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in quanto i due regimi sanzionatori costituiscono strumenti distinti di adeguamento della sanzione al caso concreto e alle caratteristiche personali dell’imputato, corrispondenti a diversificate e non sovrapponibili istanze afferenti alla relazione della funzione rieducativa della pena, di talché, una volta adottata una strategia sanzionatoria, non è possibile, per esigenze dì coerenza e razionalità del sistema, sovrapporne altra» (Sez. 4, n. 27519 del 10105/2017).
Per altro verso, vale la pena osservare che i commi 9-bis e 8-bis rispettivamente degli artt. 186 e 187 cod. strada configurano una disciplina parzialmente derogatoria di quella comune relativa all’esecuzione delle sentenze di condanna, nel senso che il lavoro di pubblica utilità può essere svolto anche prima del passaggio in giudicato della condanna, alla stregua del dettato normativo secondo cui, in riferimento all’eventuale revoca della sostituzione in caso di violazione degli obblighi connessi, è prevista la competenza del «giudice che procede» oltre che del «giudice dell’esecuzione». La possibilità di revocare la sostituzione per decisione del «giudice che procede» presuppone, in vero, che la sentenza non sia ancora passata in giudicato (Sez.4, n.3067 del 10/12/2015).
Rilevante è dunque la natura mista dell’istituto in questione, che mutua solo parzialmente il suo paradigma normativo dalla disciplina dettata per le pene paradetentive previste nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace, senza tuttavia perdere la natura di sanzione sostitutiva; tanto è desumibile dalla possibilità, diversamente da quanto previsto dall’art.55, comma 4, d. Igs. n.274/2000, che la pena irrogata, detentiva o pecuniaria, possa essere ripristinata in caso di violazione degli obblighi.
Il principio secondo il quale la pena detentiva già convertita in pena pecuniaria non possa, successivamente, essere sostituita con il lavoro dì pubblica utilità (Sez. 4, n. 27519 del 10/05/2017), indipendentemente dal fatto che sia ammessa la possibilità di formulare l’istanza indipendentemente dall’opposizione (Sez. 4, n.6879 del 13/01/2021), non risulta incoerente con le peculiarità del procedimento per decreto penale. Va, infatti, considerato che, per quanto la violazione dell’obbligo di lavoro sostitutivo in alcun caso potrebbe, in ragione della natura esclusivamente pecuniaria irrogabile con il decreto penale, comportare il ripristino della pena detentiva, tale esito risulta conforme alla disposizione dell’art.57, comma 2, legge n.689/1981, a mente del quale «La pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva».
Ferma restando, dunque, la possibilità per il giudice adìto di rigettare la richiesta alla luce del suindicato principio interpretativo, occorre rilevare l’abnormità del provvedimento, idoneo a determinare un’irrimediabile stasi della procedura, laddove privo della ulteriore previsione della emissione di decreto di giudizio immediato.
E’, infatti, sopravvenuta la disciplina introdotta dall’art.28 del d. 1gs. 10 ottobre 2022 che, a norma dell’art.95, comma 1, d. 1gs. n.150/2022, trova immediata applicazione nel procedimenti pendenti in primo grado o in appello alla data del 30 dicembre 2022.
Tale norma ha introdotto una disposizione, il comma 1-ter dell’art.459 cod. proc. pen. che dispone quanto segue: «Quando è stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56 bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, senza formulare l’atto di opposizione. Con l’istanza, l’imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione di cui all’articolo 56-bis, primo comma, e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso detto termine, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. In difetto dei presupposti, il giudice respinge la richiesta ed emette decreto di giudizio immediato».
La disposizione richiama l’istituto del lavoro di pubblica utilità disciplinato dall’art.56 bis 1.689/81 (laddove l’art.186, comma 9-bis, cod. strada rimanda al differente istituto, sopra descritto, del lavoro di pubblica utilità disciplinato dall’art.54 d.lgs. n.274/2000), non legittimando il superamento del principio dell’incompatibilità del lavoro di pubblica utilità con la pena pecuniaria derivante da conversione della pena detentiva nei procedimenti concernenti la violazione dell’art.186 cod. strada.
Trattasi, tuttavia, di disposizione collocata sistematicamente nel Titolo V del Libro VI relativo al «Procedimento per decreto», cosicchè se ne desume una regola generale di procedura valida per tutte le ipotesi nelle quali l’interessato formuli istanza di applicazione della sanzione sostitutiva in esame a seguito dell’emissione del decreto penale. E’, dunque, espressamente previsto che il giudice, qualora non ricorrano i presupposti per la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità, emetta decreto di giudizio immediato.
La nuova disciplina, per il suo carattere generale di regola applicabile al procedimento per decreto, può operare anche con riguardo alle ipotesi disciplinate dall’art.186, comma 9-bis, cod. strada laddove si tratti di consentire all’imputato di accedere alla cognizione piena mediante giudizio immediato.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 48348 del 2023