Il perdono giudiziale è un beneficio di legge applicabile ai minori di anni diciotto, che comporta l’estinzione del reato in considerazione proprio della giovane età. L’istituto viene applicato discrezionalmente dal giudice che pronuncia una sentenza di proscioglimento del minore sulla base di una serie di parametri indicati dall’art. 169 C.p.: “Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a cinque euro, anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati“.
In tal senso con riferimento ai criteri di valutazione di cui all’art. 133 C.p. il giudice minorile, nel concedere il perdono giudiziale, non può fondare la prognosi di futuro buon comportamento, e cioè la ragionevole presunzione che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati (che è l’elemento strutturale dell’istituto), soltanto sul dato di incensuratezza dell’imputato, giacché l’assenza di precedenti penali è solo uno dei ben più numerosi parametri, oggettivi e soggettivi, indicati nell’art. 133 C.p. ai fini della formulazione del giudizio prognostico (art. 169 C.p., comma 1). In proposito, se è pur vero che il giudice, per formulare tale giudizio, può basarsi anche su uno solo di tali plurimi elementi, egli, in tal caso, deve dare conto di siffatta scelta discrezionale ed esprimere puntuale motivazione concernente le ragioni per cui un solo dato (ad esempio, l’incensuratezza) prevalga in modo determinante sugli altri (ad esempio, la gravità dei fatti o le modalità della condotta). Ciò che è ancora più pregnante nel giudizio minorile, avente a oggetto personalità in formazione, nel quale, dunque, di necessità devono entrare in valutazione non solo il dato dell’incensuratezza (di per sè riferito al passato), ma ulteriori e più rilevanti elementi rivelatori della personalità del minore e integratori, eventualmente, di una positiva prognosi, quali (quantomeno) le circostanze e le modalità dell’azione, l’intensità del dolo, la condotta di vita anche susseguente al reato, le condizioni familiari e sociali. (Cassazione penale, Sez. 1I, 30/10/2008, n. 45080). (Cassazione Sez. II n. 2725 del 18.01.2013).
“Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta” ex art. 169, comma 4, C.p. (salvo non si tratti di reati uniti a vincolo di continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio ( Corte costituzionale sentenza n. 108/1973), o di reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, quando il cumulo della pena non superi i limiti di applicabilità del beneficio ( Corte costituzionale sentenza n. 154/1976).
Secondo il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di perdono giudiziale il limite di pena che ne consente l’applicabilità va determinato in concreto tenendo conto della diminuente della minore età. (Cassazione Penale, Sez. 2, 17/12/1990 – conforme: Cassazione Penale, Sez. 2, 04/05/2011, n. 23637). La determinazione della pena in concreto è, infatti, necessaria, ad esempio, nel caso in cui si decida di estendere il perdono giudiziario ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio, (Corte Cost. 5 luglio 1973, n. 108), oppure in caso di concessione di nuovo perdono giudiziale per reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, possibile nei limiti di pena che, cumulata con quella precedente, non superi i limiti di applicabilità del beneficio (Corte Cost. 7.7.1976, n. 274). (Cassazione Sez. II n. 2725 del 18.01.2013).