Persona transgender e contratto di locazione
La Disciplina contro le discriminazioni trova un proprio fondamento nell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
Nell’ambito d’applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.
In tal senso occorre citare anche la Direttiva 2004/113/CE che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura.
Nell’ambito della Disciplina contro le discriminazioni vi sono le c.d. discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale. Tale caso ha trovato una conferma nel provvedimento della Suprema Corte di Cassazione, che si riporta in commento, con riferimento alla mancata conclusione del contratto di locazione a favore di persona transgender. Nel caso di specie il contratto di locazione non veniva concluso dal locatario per l’orientamento sessuale del locatore con conseguente diritto al risarcimento del danno a favore di quest’ultimo.
Secondo il parere della Corte di legittimità:
La disciplina antidiscriminatoria per ragioni di sesso nell’accesso a beni e servizi (tra i quali la conclusione di un contratto di locazione), contenuta nella Direttiva 2004/113/CE ed attuata nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 196 del 2007, deve intendersi estesa all’ipotesi in cui la persona che denuncia la discriminazione sia persona «transgender», in quanto l’identità di genere è compresa in quella di sesso. Ne consegue che la sfera di applicazione della Direttiva non può essere ridotta soltanto alle discriminazioni derivanti dall’appartenenza all’uno o all’altro sesso, dovendo trovare applicazione anche in presenza di discriminazioni che hanno origine nel mutamento del sesso dell’interessato.
Corte di Cassazione, Sez. I, Ordinanza n. 7415 del 07/03/2022