Pirateria
L’articolo 1135 cod. nav., rubricato «Pirateria», sanziona con la pena della reclusione da dieci a venti anni «il comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, che commette atti di depredazione in danno di una nave nazionale o straniera o del carico, ovvero a scopo di depredazione commette violenza in danno di persona imbarcata su una nave nazionale o straniera».
Nonostante la rubrica dell’articolo, la norma non contiene una precisa definizione delle condotte di «pirateria», contenuta invece nell’articolo 101 della Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay del 10/12/1982, ratificata in Italia con I. 02/12/1994, n. 689.
La norma, nel testo italiano della Convenzione, definisce la condotta incriminata come «ogni atto illecito di violenza o di sequestro, o ogni atto di rapina». Tale formulazione letterale della norma sembrerebbe, prima facie, includere solamente quelle condotte predatorie indicate dal GIP quali necessarie per integrare la fattispecie penale invocata dal pubblico ministero.
Tuttavia, il testo originale della Convenzione, in lingua inglese, nella definizione di pirateria («piracy») non menziona il termine «robbery», ossia «rapina», bensì parla di «any illegal acts of violence or detention, or any act of depredation», ossia «qualsiasi atto di violenza o sequestro, o qualsiasi atto di depredazione».
Il termine esatto, per descrivere la condotta (accanto alla violenza e al sequestro di persona) è, quindi, non quello di «rapina», utilizzato nella traduzione italiana della Convenzione, bensì quello di «depredazione» (termine inglese/americano, quello di «depredation», che indica – fonteCobuild/Collins – ogni «act of preying upon or plundering», ossia qualsiasi atto di predoneria o saccheggio), che, puntualmente, è dato rinvenire nell’articolo 1135 cod. nav..
Tale disposizione va letta congiuntamente al successivo articolo 1137 cod. nav., a mente del quale «il comandante o l’ufficiale di una nave nazionale o straniera, che sul litorale della Repubblica commette alcuno dei fatti previsti negli articoli 628, 629 del codice penale, è punito a norma dell’articolo 1135 del presente codice», previsione che ricalca quella prevista dal «Code of Practice for the Investigation of Crimes of Piracy and Armed Robbery against Ships of the International Maritime Organisation (IMO)» (Assembly Resolution A.1025), il quale sanziona gli atti di pirateria compiuti nelle acque interne (ovvero nelle acque territoriali), anziché in mare aperto, definendo i primi quali «armed robbery against ships (territorial waters)», e, i secondi, come «acts of piracy (intemational waters)».
Dal combinato disposto delle due norme, lette congiuntamente alle definizioni fornite in proposito dagli strumenti internazionali, appare evidente che il termine «depredazione» ricomprenda, secondo la legislazione italiana, tutte le ipotesi di spossessamento violento di beni altrui, indipendentemente dalla qualificazione della condotta in termini di rapina ovvero di estorsione.
Ai presenti fini, pertanto, stante la latitudine del concetto di «depredazione», a nulla rileva la tradizionale distinzione operata dalla Corte (v., ex multis, Sez. 2, n. 14880 del 19/01/2012), secondo cui la rapina si differenzia dall’estorsione in virtù del fatto che nell’estorsione il soggetto passivo, benché coartato, partecipa alla condotta criminosa ponendo in essere l’atto di disposizione patrimoniale che rappresenta l’ingiusto profitto, mentre nella rapina la vittima è soggetto meramente passivo della violenza esercitata dal rapinatore sulla sua persona, e quindi la consumazione del reato non richiede la cooperazione della persona offesa (differenza che porta, tradizionalmente, ad affermare che nella rapina vi è una vis absoluta e nell’estorsione una vis relativa).
In conclusione, la Corte di legittimità esprime i seguenti principi di diritto:
– in tema di atti di «pirateria» commessi al di fuori delle acque territoriali italiane (e in particolare nella c.d. «zona Contigua»), la definizione di cui all’articolo 1135 cod. nav., comprende le condotte di chi commette «atti di depredazione in danno di una nave nazionale o straniera o del carico, ovvero a scopo di depredazione commette violenza in danno di persona imbarcata su una nave nazionale o straniera».
La definizione di pirateria («piracy») si desume dall’articolo 101 della Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay del 10/12/1982, ratificata in Italia con I. 02/12/1994, n. 689, il cui testo originale definisce la condotta come «any illegal acts of violence or detention, or any act of depredation» (termine, quest’ultimo, erroneamente tradotto in italiano con «rapina»), ossia «qualsiasi atto di violenza o sequestro, o qualsiasi atto di depredazione», termine comprensivo di qualsiasi sottrazione a base violenta.
La norma include anche il delitto di estorsione, come si ricava dal combinato disposto dell’articolo 1135 cod. nav. con il successivo 1137, a norma del quale «il comandante o l’ufficiale di una nave nazionale o straniera, che sul litorale della Repubblica commette alcuno dei fatti previsti negli articoli 628, 629 del codice penale, è punito a norma dell’articolo 1135 de/presente codice».
– La norma di cui all’articolo 1135 cod. nav. si pone in termini di specialità rispetto alle disposizioni contenute nel codice penale, dianzi richiamate.
A ciò consegue l’applicazione, alle condotte di pirateria commesse in acque internazionali, del principio di «giurisdizione universale» di cui all’articolo 105 della citata Convenzione di Montego Bay, applicabile ai sensi dell’art. 7, n. 5), cod. pen., che richiama «ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana».
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 n. 51442 del 2023