Precedenti giudiziari e di polizia per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena
Il tema della rilevanza dei precedenti giudiziari e di polizia ai fini del giudizio prognostico richiesto dall’art. 163 cod. pen è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è sostenuto che «la prognosi non favorevole alla concessione della sospensione condizionale della pena può fondarsi sui precedenti di polizia, poiché nessuna disposizione ne prevede l’inutilizzabilità, ed anzi l’art. 9 della legge n. 121 del 1981 prevede espressamente la possibilità di accesso dell’Autorità Giudiziaria ad essi» (Cass., Sez. 2, n. 18189 del 05/05/2010; Cass., Sez. 5, n. 9106 del 21/10/2019). Si è affermato, inoltre, che «la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena è rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale l’accorda solo se, avuto riguardo alle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., “presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati”. Tale presunzione non deriva, come effetto automatico, dall’assenza di precedenti condanne risultanti dal certificato penale, potendo giustificare un convincimento contrario non solo il comportamento processuale dell’imputato, ma anche i precedenti giudiziari» (Cass., Sez. 6, n. 16172 del 22/06/1989).
In un contesto diverso, quale è quello relativo alla possibilità di concedere le attenuanti generiche, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che, alla luce dei criteri di determinazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., il giudice può
considerare i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi (Cass., Sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013; Sez. 5, ord. n. 3540 del 05/07/1999). Si è sostenuto, inoltre, che, ai fini della determinazione della pena, «il giudice può trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’imputato dalla pendenza di altri procedimenti penali a suo carico, anche se successivi al compimento dell’illecito per cui si procede» (Cass., Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012).
Così delineato il quadro giurisprudenziale di riferimento, si deve valutare se possa avere incidenza su di esso l’introduzione dell’art. 115-bis cod. proc. pen. operata dal d.lgs. 8 novembre 2021 n. 188 (recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali») che limita, anche nei provvedimenti giurisdizionali, i riferimenti alla colpevolezza dell’imputato fino a che la responsabilità non sia stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. La formulazione letterale della norma conduce ad una risposta negativa. La disposizione in esame, infatti, si applica solo «nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato» e da quelli che «presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza».
Ne consegue che le decisioni che riguardano l’applicazione delle attenuanti generiche e quelle che attengono alla possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, in quanto volte alla decisione in merito alla responsabilità penale sotto il profilo della determinazione del trattamento sanzionatorio, possono continuare a tener conto dei precedenti giudiziari e di polizia. Si deve ritenere, però, che tali precedenti non possano avere rilevanza in quanto tali, non sia quindi possibile limitarsi a citarli, ma sia necessario valutarli nel merito, verificando il contenuto e l’esito delle segnalazioni e delle pendenze, per verificare se dalle stesse possano essere tratti concreti elementi fattuali che giustifichino una valutazione negativa della personalità dell’imputato e una prognosi di ulteriore recidiva. Va ribadito, quindi, l’orientamento espresso da una sentenza, risalente nel tempo, ma quanto mai attuale, secondo la quale «il precedente giudiziario in tanto può contribuire alla valutazione della pericolosità (a sua volta desumibile dalle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen., fra le quali sono compresi, appunto, i precedenti giudiziari) in quanto sia dato dedurre da esso e da ogni altro concorrente elemento che l’imputato non offra alcuna presuntiva garanzia di astensione dal commettere ulteriori reati; al riguardo il semplice “carico pendente”, sia pure specificato nel suo contenuto, non fornisce, nella sua precarietà, alcun elemento significativo della personalità, in senso negativo, del soggetto» (Cass., Sez. 2, n. 300 del 29/11/1989).
Corte di Cassazione, Sez. 4, n. 4188 del 01/02/2023