La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento affronta la problematica inerente al principio di legalità della pena irrogata.
Invero, alla base del principio di legalità della pena sussiste il presupposto fondamentale che la pena non può essere irrogata se non nei casi espressamente previsti dalla Legge e, nel contempo, non possono essere inflitte pene che non siano quelle la Legge stessa abbia stabilito, cui all’art. 25 Costituzione.
Il caso di specie trae le mosse da una pronuncia del Tribunale di primo grado che in materia di guida in stato di ebbrezza alcolica di cui al reato previsto e punito dall’art. 186, lett. b), Codice della Strada condannava l’imputato alla pena detentiva determinata in giorni 15 di arresto, oltre alla pena pecuniaria della ammenda.
Successivamente il Tribunale di primo grado convertiva la pena detentiva in pena pecuniaria (ai sensi dell’art. 53 delle Legge 689 del 1981) sommandola con la pena dell’ammenda, per poi sostituirla con il lavoro di pubblica utilità (ai sensi del disposto di cui al comma 9 bis dell’art. 186 Codice della Strada).
Orbene secondo il giudizio della Suprema Corte di Legittimità i due regimi sanzionatori sostitutivi non possono essere applicati cumulativamente.
In tal senso si rileva una violazione della Legge nell’applicazione della pena del lavoro di pubblica utilità dopo avere preventivamente convertito la pena detentiva con quella pecuniaria.
Infatti, avendo una totale autonomia quanto ai presupposti di applicazione, le modalità esecutive ed in ordine alle conseguenze in caso di violazione (cfr. artt. 53, 59, 71 e 102 legge 689 e comma 9 bis art. 186), non possono che trovare applicazione individualmente e senza che i benefici connessi alla sostituzione si sommino.
Diversamente facendo, si applicherebbe un trattamento sanzionatorio ibrido, in violazione del principio di legalità delle pene.
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 9588 Anno 2016