L’art. 600 bis C.p. sotto la rubrica ” Prostituzione minorile” prevede due ipotesi delittuose.
Il primo comma sanziona, con una pena più grave, il fatto di chi “induce” alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero il fatto di chi ne favorisce o ne sfrutta la prostituzione.
Il secondo comma dell’art. 600 bis C.p. l’agente tiene un comportamento che è si abusivo del minore, ma che è assolutamente neutro rispetto alla determinazione della volontà, pur immatura, di quest’ultimo di assentire al compimento di atti sessuali con controprestazione.
Se ne deduce che la fattispecie di cui al comma secondo dell’art. 600 bis C.p. ha carattere marcatamente residuale come risulta all’evidenza dall’inciso “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, che si qualifica come clausola di sussidiarietà mirata a rendere residuale, appunto, l’applicazione della fattispecie rispetto ad altri reati che sanzionano più gravemente il fatto di chi compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica.
In comune le due fattispecie hanno la nozione di atti sessuali con un minore di anni diciotto in cambio di denaro o di altra utilità che può qualificarsi come “prostituzione minorile”; formulazione questa che costituisce infatti la rubrica che accomuna le due ipotesi di reato e che è centrata sulla sinallagmaticità tra atto sessuale e corrispettivo economico, secondo cui anche il singolo episodio di percezione del denaro o di altra utilità è idoneo ad integrarne gli estremi del reato di prostituzione minorile.
L’elemento differenziale che vale a distinguere l’induzione alla prostituzione (primo comma dell’art. 600 bis) dalla mera sua fruizione (secondo comma della stessa disposizione) è costituito, appunto, da una condotta identificabile come “induzione”.
Una prima puntualizzazione in proposito è già stata operata dalla giurisprudenza di legittimità che ha affermato che per configurarsi l’induzione alla prostituzione, di cui al primo comma dell’art. 600 bis C.p., non è necessario che il soggetto passivo sia avviato ad avere rapporti a pagamento con una pluralità indiscriminata di persone essendo sufficiente che l’agente convinca il minore a fare mercimonio del suo corpo.
Quindi il reato di induzione alla prostituzione minorile è configurabile anche nel caso in cui il minore sia un soggetto non dedito alla vendita del proprio corpo, in quanto è sufficiente che l’agente ponga in essere una condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi al fine di una qualsiasi utilità economica.
Orbene, la linea di demarcazione tra le due fattispecie del primo e del secondo comma dell’art. 600 bis C.p. va tracciata tenendo conto del rilevato carattere residuale della fattispecie meno grave e della finalità complessiva della norma, rafforzata, nella tutela del minore, dalla L. 6 febbraio 2006, n. 38, in attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, ratificata con Legge 27 maggio 1991 n. 176.
L’Italia, aderendo alla citata Convenzione, si è impegnata a proteggere i fanciulli contro ogni forma di sfruttamento e di violenza sessuale ed, in particolare, ad adottare le necessarie misure per prevenire ed impedire l’induzione o coercizione di un bambino per coinvolgerlo in qualunque attività sessuale illegale; lo sfruttamento dei bambini nella prostituzione o in altre pratiche sessuali illegali; lo sfruttamento dei bambini in spettacoli e materiali pornografici.
Tali direttive giustificano una tutela penale più pregnante per i minori, rispetto agli adulti, perché i primi sono soggetti manipolabili, inadeguati ad autodeterminarsi, facilmente influenzabili ed inducibili ad atti sessuali che possono avere ricadute negative, anche non emendabili, sul loro futuro sviluppo psicofisico.
Ciò porta, sul piano dell’interpretazione sistematica, ad identificare nella condotta di “induzione” qualsiasi comportamento che valga a spingere o solo ad incoraggiare il minore a compiere atti sessuali a fronte di una controprestazione che può essere costituita dall’elargizione di danaro o da qualsiasi altra utilità.
Corte di Cassazione Sent. Num. 4235 Anno 2011