Recidiva nel triennio e revoca della patente di guida

Recidiva nel triennio Coabitazione Revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento di messa alla prova Sanzione amministrativa accessoria della revoca Semilibertà Affidamento in prova al servizio sociale Selfie pornografici Natura del reato Esito positivo della prova Pensione di reversibilità durata della sanzione amministrativa della sospensione Violenza sessuale Accesso all'istituto della messa alla prova Programma di Trattamento Decreto di citazione a giudizio Durata del lavoro Revisione dell'assegno di divorzio Sospensione della patente di guida e confisca Prognosi favorevole Interpretazione del contratto Revoca della sanzione sostitutiva sostitutiva Irrilevanza Pronuncia di addebito Integrazione o modificazione del programma di trattamento Oblazione Quantificazione della sanzione amministrativa accessoria Verità della notizia Competenza territoriale Lavoro di pubblica utilità Esimente del diritto di satira Critica Sentenza di non doversi procedere Revoca della pena sostitutiva del lavoro di Tradimento e risarcimento del danno Contraffazione Contraffazione grossolana Danno cagionato da cosa in custodia Diniego dell'applicazione dell'istituto della messa alla prova Programma di trattamento e Pubblicazione di foto Trasferimento del lavoratore subordinato Modifica del programma Trasferimento del lavoratore contratto preliminare ad effetti anticipati Espressioni denigratorie Revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento Impugnazione avverso la sentenza di estinzione del reato Incapacità naturale Messa Medico del lavoro Abbandono della casa coniugale Messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado Spese a carico dell'usufruttuario L'ordinanza Pettegolezzo Sospensione della prescrizione Addebito della separazione La caparra confirmatoria Iscrizione di ipoteca Assegno divorzile Rimessione in termini Diritto di satira Programma di trattamento Prestazione di attività non retribuita Diritto di cronaca giudiziaria Circostanze aggravanti Diritto morale d'autore Reato di diffamazione tramite la rete internet Decreto penale di condanna e Impugnazione dell'ordinanza di rigetto Giudizio abbreviato e sospensione del procedimento per messa alla prova tollerabilità delle immissioni Vizi della cosa locata Diffamazione Diffamazione tramite la rete Internet Preliminare di vendita Casellario giudiziale Rilascio dell'immobile locato lavori di straordinaria amministrazione Garanzia per i vizi revoca della sanzione sostitutiva Paternità dell'opera Esimente della verità putativa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale Diritto di cronaca Sincronizzazione Animali da compagnia Traduzione Obbligazione naturale Modifica del programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaLa Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in relazione al presupposto della recidiva nel triennio.

La fattispecie in esame concerne il ricorso alla Corte di legittimità avverso la sentenza di patteggiamento ex artt. 444 e ss. C.p.P. per il reato di cui all’art. 186 bis, CDS (in quanto l’imputato era titolare di patente di guida da meno di tre anni) con la quale sul  presupposto della recidiva nel triennio, ex art. 186 bis comma 5, CDS, si disponeva la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. Invero, il ricorrente si era reso responsabile di una precedente violazione ex art. 187 comma 1, CDS, (guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provocando un incidente stradale) dove aveva avanzato istanza di sospensione del processo con messa alla prova ex art. 168 C.p.

L’art. 186 bis, CDS, prevede al 5° comma, che “la patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro … in caso di recidiva nel triennio per gli altri conducenti di cui al medesimo comma“.

Si tratta di norma speculare rispetto a quella del precedente art. 186 comma 2 lett. c), che prevede, in ragione dello sforamento del medesimo limite, che “la patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio“.

Ebbene, costituisce ius receptum della giurisprudenza di legittimità il principio che, in tema di revoca della patente per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini della realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio” (ma, mutatis mutandis, la valutazione non cambia per la recidiva nel triennio di cui all’art. 186 bis CDS, trattandosi di norma ispirata alla stessa ratio e diversa per la sola diversità soggettiva dei conducenti) rileva, rispetto alla data di commissione del nuovo fatto, la data del passaggio in giudicato della sentenza relativa al fatto-reato precedente a quello per cui si procede, e non la data di commissione dello stesso. In altri termini, allorquando si è commesso il reato per cui si procede, dev’essere passata in giudicato, nel biennio o nel triennio antecedente, una condanna per il medesimo reato.

Pertanto nel caso di specie, allorquando l’imputato-ricorrente ha commesso il reato per cui si procede, non poteva considerarsi recidivo e quindi non poteva essere disposta la revoca della patente di guida.

Peraltro, nel caso che ci occupa, anche se la precedente condanna fosse passata in giudicato, l’imputato-ricorrente non si sarebbe potuto considerare recidivo ai fini di cui all’art. 186 bis comma 5 CDS.

Come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 4 n. 28296 del 15/9/2020), la c.d. “recidiva nel biennio” di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), CDS, e quella di “recidiva nel triennio” di cui all’art. 186-bis comma 5, (ai fini della revoca della patente di guida), costituisce una disciplina non sovrapponibile all’istituto espressamente regolato dall’art. 99 C.P., in quanto quest’ultimo, proprio perché suscettibile di incidere negativamente sul trattamento sanzionatorio penale dell’imputato, è necessariamente destinato alla preventiva contestazione a carico dell’accusato. Non altrettanto può dirsi per la particolare disciplina della “recidiva nel triennio” da cui scaturisce un mero effetto legale, rilevante sul piano amministrativo, connesso al rilievo storico della ripetizione, entro un arco di tempo predeterminato, di un illecito penale riconducibile alla fattispecie della “guida in stato di ebbrezza” previsto dall’art. 186, comma 2, CDS (Cass., Sez. 4, n. 3467 del 19/12/2014).

Il termine “recidiva“, come rileva Cass., Sez. 4 n. 28293/20: “…non deve, dunque, confondere l’interprete, conducendolo verso strade che non si attagliano al rigoroso statuto della (omonima) circostanza aggravante regolamentata dagli artt. 99 e segg. C.p. Ciò non toglie che il termine evoca una parziale analogia sotto il profilo del significato terminologico e giuridico del fenomeno, nel senso di ripetizione di una condotta illecita sussumibile nella medesima fattispecie presa in considerazione dalla norma che la richiama“. Tale pronuncia scaturiva da un ricorso in cui si contestava la sussistenza in capo all’imputato della recidiva nel biennio in quanto lo stesso si era reso responsabile del reato di cui all’art. 186 comma 2 lett. c) CDS, mentre in preferenza era stato condannato per quello di cui all’art. 186 comma 2 lett. b).
Ebbene, in quell’occasione, la Corte ritenne non fondato l’assunto difensivo secondo cui, per aversi recidiva nel biennio e conseguente revoca della patente, dovessero essere consumati due reati sussumibili nella medesima ipotesi di cui alla lett. c) dell’art. 186. Si ebbe a rilevare, infatti, che è vero che le fattispecie criminose di cui alle lett. b) e c) del comma 2 dell’art. 186  costituiscono, per giurisprudenza pacifica, autonome figure di reato, disposte in ordine crescente di gravità e modellate sul tasso alcolemico accertato, caratterizzate, tra loro, da un rapporto di reciproca alternatività e, quindi, di incompatibilità (Cass., S.U., n. 46625 del 29/10/2015), ma ciò non autorizza a ritenere che la “recidiva nel biennio” di cui si discute sia integrata nella sola ipotesi di reiterazione della (sola) fattispecie più grave (quella, appunto, della lett. c).

In realtà, pur trattandosi di autonome figure di reato, è indubbio che le due ipotesi di cui alle lett. b) e c) dell’art. 186 CDS sono ricomprese nella stessa disposizione normativa che prevede la generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza. Ed in effetti le due ipotesi hanno struttura e finalità identiche, differenziandosi fra loro solo per la differente graduazione dei valori-soglia del tasso alcolemico accertato.

La giurisprudenza di legittimità ha rimarcato la sostanziale unitarietà delle figure criminose della guida in stato di ebbrezza, attesa la loro eadem ratio, stabilendo che lo sfondo di tutela del “reato di guida in stato di ebbrezza” di cui al comma 2 dell’art. 186 (nelle due ipotesi graduate che qui rilevano) non è quello della regolarità della circolazione, bensì quello correlato con i beni della vita e dell’integrità personale (così Cass., S.U, n. 13681 del 25/02/2016).

Dunque, con il termine “recidiva” (non in senso tecnico, ma col generale significato riconducibile all’aggettivo “recidivo“, nel senso di chi ricade in una situazione di colpa o comunque negativa) il legislatore del codice della strada intende riferirsi semplicemente alla situazione di chi, già condannato per la commissione di una condotta illecita, penalmente rilevante, sussumibile nella generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza di cui al comma 2 dell’art. 186 CDS, venga nuovamente condannato (nel biennio) per lo stesso reato, ma nella sua forma più grave (quella della lettera c). Ciò che comporta, rispetto al “non recidivo“, un trattamento più severo esclusivamente sul piano amministrativo, derivandone (non la sospensione ma) la revoca della patente del soggetto condannato.

Si tratta (Cass., Sez. 4 n. 28293/20) di una disciplina che ha inteso inasprire le conseguenze di carattere amministrativo in relazione a condotte di guida accomunate da particolare gravità, in quanto poste a tutela dei beni primari della vita e della integrità fisica: la recidiva di tali condotte, nei termini dianzi accennati, è stata ritenuta espressione di una allarmante “progressione criminosa“, avuto riguardo al (relativamente) breve lasso di tempo (due anni) intercorso fra reati omogenei ed alla specifica gravità della fattispecie criminosa ripetuta nel biennio (quella, appunto, della lett. c del comma 2 dell’art. 186, caratterizzata dal più elevato valore-soglia del tasso alcolemico accertato). Gli effetti eminentemente amministrativi di tale disposizione consentono di ribadire, inoltre, che è inutile, oltre che giuridicamente scorretto, paragonare, per trarne eventuali analogie normative, la “recidiva nel biennio” di cui all’art. 186 CDS con il differente istituto penalistico della recidiva di cui all’art. 99 C.p.

Il caso in esame richiede una precisazione ulteriore, in quanto l’imputato/ricorrente si è in passato reso responsabile del diverso reato di guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti di cui all’art. 187 CDS.
Ebbene, occorre ribadire che, in tema di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza, per la realizzazione della condizione di “recidiva nel biennio“, prevista dall’art. 186, comma secondo, lett. c.) CDS, e per quelle di recidiva nel triennio di cui all’art. 186-bis comma 5 CDS, è necessario che essa abbia luogo con riferimento al medesimo reato di guida in stato di ebbrezza (Cass. Sez. 4, n. 36456 del 03/06/2014), senza che assuma alcuna rilevanza, dunque, l’entità o il grado del tasso alcolemico riscontrato nell’imputato.
Sebbene anche l’art. 187 comma 1 CDS, come le due norme precedenti, preveda che “la patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, quando il reato è commesso da uno dei conducenti di cui alla lettera d) del citato comma 1 dell’articolo 186-bis, ovvero in caso di recidiva nel triennio“, tuttavia, stante la diversità strutturale tra il reato di guida in stato di ebbrezza e quello di guida in stato di alterazione psicofisica per l’uso di sostanze stupefacenti, la precedente commissione di uno dei due reati non determina recidiva nel biennio o nel triennio rispetto all’altro.
In altri termini, in un caso come quello che ci occupa, se anche fosse passata in giudicato nei tre anni antecedenti la commissione del reato di guida in stato di ebbrezza per cui si procede, un’eventuale condanna a suo carico per il reato di guida in stato di alterazione psicofisica derivante dall’assunzione di stupefacenti non si sarebbe potuto revocare la patente in quanto, stante la diversità dei reati, non si sarebbe concretizzata la recidiva ex art. 186 bis comma 5 CDS.

Inoltre risulta essere infondata la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui, anche se fosse stato commesso il medesimo reato e fosse già avvenuta la verifica ex art. 464-septies C.p.P. del positivo esito della messa alla prova, una volta intervenuta, ai sensi dell’art. 168-ter comma 2 C.p, la conseguente estinzione del precedente reato si sarebbe comunque determinata l’insussistenza della recidiva nel triennio.

Partendo dal ricordato rilievo che “gli effetti eminentemente amministrativi di tale disposizione consentono di ribadire, inoltre, che è inutile, oltre che giuridicamente scorretto, paragonare, per trarne eventuali analogie normative, la “recidiva nel biennio” di cui all’art. 186 CDS con il differente istituto penalistico della recidiva di cui all’art. 99 C.p.“, Cass., Sez. 4 n. 28293/20 ribadisce il principio per cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato a seguito del positivo espletamento del lavoro di pubblica utilità, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto, non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio“, prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c) CDS, (Cass., Sez.4, n. 11719 del 15/02/2019).

A corroborare la propria conclusione ricordava in quel caso la Corte che è sufficiente leggere il testo dell’art. 224, comma 3, CDS (applicabile in virtù del richiamo operato nello stesso art. 186, comma 2, lett. c), CDS alle norme dettate nel Titolo VI, Capo II, Sez. II del codice), che esclude l’incidenza dell’estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato sul procedimento di applicazione della sanzione amministrativa accessoria di revoca della patente, in combinato disposto con l’art.186, comma 2, lett c), CDS, che individua quale presupposto dell’applicazione della sanzione amministrativa accessoria l’accertamento del reato (Cass., Sez. 4, n. 1864 del 7/1/2016).
Ebbene, ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione al diverso istituto della messa alla prova di cui all’art. 168 C.p., cui pure consegue, in caso di esito positivo, come per il lavoro di pubblica utilità ex art. 186 comma 9-bis e 187 comma 8-bis CDS, l’estinzione del reato.

Non rileva la diversità dei due istituti essendo la messa alla prova ispirata all’istituto della probation, di derivazione anglosassone (anche se vi si differenzia per il fatto che si tratta di misura che interviene nel corso del processo e non dopo la sua conclusione, nella fase di esecuzione della pena), già da anni importata nel nostro processo minorile, e il lavoro di pubblica utilità una sanzione sostitutiva della pena inflitta in caso di condanna per guida sotto l’influenza dell’alcool (art. 186, comma 9 bis CDS) ed in tema di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187, comma 8 bis).

Il lavoro di pubblica utilità è una vera e propria pena che comporta una limitazione della libertà personale del condannato. In caso di positivo svolgimento dello stesso, il giudice fissa udienza ed in detta occasione dichiara estinto il reato, riduce alla metà la sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.
Diversa è la fattispecie ex art. 168 C.p. della sospensione del processo con messa alla prova, introdotta con L. 28/04/2014, n.67. Si tratta, infatti, di una modalità alternativa di definizione del processo, cui l’indagato può essere ammesso dal giudice, in presenza di determinati presupposti normativi, sin dalla fase delle indagini preliminari, attraverso la quale, laddove si concluda con esito positivo il periodo di prova, è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato.
La “messa alla prova” consiste nella richiesta, da parte dell’imputato della sospensione del procedimento penale, che viene concessa dal giudice quando, in considerazione della gravità del reato e della capacità a delinquere del richiedente, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che il soggetto richiedente si asterrà dal commettere altri reati in futuro. La stessa comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato, prevede l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare anche attività di rilevo sociale, ed è subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Quest’ultimo, come recita l’art. 168-bis C.p., consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettività, affidata tenendo conto della professionalità e delle attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie, o presso enti o organizzazioni, anche internazionali che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. L’esito positivo della prova determina, come il lavoro di pubblica utilità l’estinzione del reato. A differenza di quello, tuttavia, la messa alla prova, in quanto istituto finalizzato ad una composizione “preventiva” del conflitto penale, prescinde dall’accertamento di responsabilità in ordine al fatto ascritto.

Più precisamente “presupposto concettuale essenziale del provvedimento, connesso ad esigenze di garanzia dell’imputato, è costituito da un giudizio di responsabilità penale che si sia formato nel giudice, in quanto altrimenti si imporrebbe il proscioglimento” (Corte costituzionale sentenza n. 125 del 14/4/1995, con riferimento alla sospensione per messa alla prova del processo minorile). E anche una preponderante dottrina ha rilevato che, se così non fosse, l’istituto perderebbe il carattere di misura penale per acquistare quello di misura amministrativa.
Con riferimento, poi, alla messa alla prova dell’imputato adulto, la dottrina ha messo in evidenza che tale conclusione si desume a chiare lettere dall’art. 464 quater, comma 1, C.p.P., laddove è previsto che la sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta a meno che il giudice non ritenga di dover pronunciare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 C.p.P.
Altro argomento per una lettura in tal senso si desume dalla circostanza che la messa alla prova prevede lo svolgimento di attività dirette all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti da reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno, e dunque il richiamo al reato e al pregiudizio che ne deriva richiede necessariamente un accertamento positivo della sua sussistenza e della responsabilità dell’agente.

Come si vede anche la messa alla prova non può prescindere dall’accertamento del medesimo fatto-reato, che rileva ai fini della revoca della patente nei casi di “recidiva nel biennio” di cui all’art. 186 comma 2 lett. c) CDS e di “recidiva nel triennio” di cui agli artt. 186-bis comma 5 e 187 comma 1 CDS.
Del resto, non vi è dubbio che, in relazione ad entrambi gli istituti trovino applicazione le sanzioni amministrative accessorie.
Per il lavoro di pubblica utilità, come si è detto, è lo stesso codice della strada che prevede, in caso di esito positivo, che la sospensione della patente resti, seppur dimezzata, e costituisce ormai ius receptum il principio che, nei casi di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, nessun dubbio sussiste che la sanzione amministrativa accessoria vada applicata (Cass., Sez. 4, n. 40069 del 17/9/2015).

A tale condivisibile conclusione si giunge, in primis, perché il legislatore del 2014, nell’inserire nel codice penale l’art. 168-ter, si è preoccupato di prevedere espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudichi l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge. Ciò proprio perché tale previsione risulta necessaria in quanto il nuovo istituto della messa alla prova rientra nelle cause di estinzione del reato e, in quanto strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, non prevede un preventivo accertamento di penale responsabilità.

Mentre nel lavoro di pubblica utilità previsto dal codice della strada rimane in capo al giudice penale la competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa accessoria, all’esito dell’estinzione del reato per la positiva “messa alla prova“, la competenza va individuata, ai sensi dell’articolo 224, comma 3 CDS, in capo al Prefetto.

Ne consegue che ribadita la differenza tra il concetto di recidiva penale ex art. 99 C.p. e la recidiva nel triennio, può dunque affermarsi il principio di diritto secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’estinzione del reato ex art. 168 ter comma 2 C.p. a seguito dell’esito positivo della prova, presupponendo l’avvenuto accertamento del fatto-reato, pur senza che si sia addivenuti ad una pronuncia di penale responsabilità non impedisce al giudice di valutarlo in un successivo processo quale precedente specifico ai fini del giudizio circa la “recidiva nel biennio“, prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c), CDS o circa la “recidiva nel triennio” di cui agli artt. 186-bis comma 5 e 187 comma 1 CDS.

Corte di Cassazione Sent. n. 32209 Anno 2020

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