La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la revoca del lavoro di pubblica utilità, a seguito del mancato completamento del programma previsto e stabilito.
Nel caso di specie il giudice di prime cure dispone la revoca del lavoro di pubblica utilità rilevando che il condannato, dopo avere adempiuto al programma stabilito ha interrotto, a partire da una determinata data, lo svolgimento dell’attività, per poi riprenderla ed interromperla di nuovo, ultimando il programma solo dopo che gli viene notificato il decreto di citazione in giudizio per la verifica del suo completamento.
Le ragioni giustificative del protratto inadempimento vengono individuate nelle vicissitudini familiari e nelle difficoltà dell’ente presso il quale l’attività doveva essere svolta. Di contro il giudice di prime cure ritiene che la sospensione dell’esecuzione del progetto sia motivata da sostanziale disinteresse, in ciò rilevando l’inottemperanza agli obblighi connessi con lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
Invero, la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità ha senso in quanto detto beneficio assicuri un effettivo percorso risocializzante, cui è connesso l’effetto estintivo del reato. E’ chiaro, nondimeno, che la responsabilizzazione del condannato, obiettivo stesso dell’istituto, deve consistere in una partecipazione effettiva e continuativa al progetto a mezzo del quale egli contribuisce attivamente, mettendo a disposizione le sue energie lavorative in favore della collettività, alla sua rieducazione. Sicché plurime ed ingiustificate interruzioni del programma implicano proprio il rifiuto dell’adesione al progetto rieducativo sostitutivo della pena.
D’altro canto, da un lato, non può ritenersi che vicissitudini familiari costituiscano ragione impediente il corretto e continuativo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. Mentre, in ogni caso, allorquando, per qualsivoglia motivo l’attività non possa essere validamente proseguita o debba essere sospesa, ivi comprese le eventuali difficoltà operative dell’ente presso il quale si presta l’opera, è onere dell’interessato attivarsi presso l’Ufficio dell’esecuzione penale esterna, al fine di risolvere le difficoltà presentatesi, per non trasformare gli inconvenienti presentatisi nell’inadempimento al progetto predisposto.
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che “La revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell’attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall’art. 58 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. (Fattispecie di guida in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti, in cui la Corte ha osservato che la limitazione della libertà personale subita da chi abbia espletato attività lavorativa nell’interesse della collettività costituisce sanzione detentiva espiata e non, invece, misura alternativa alla carcerazione secondo la disciplina dettata per gli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario)” (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 32416 del 31/03/2016; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 42505 del 23/09/2014).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 11770 Anno 2021