La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, le condizioni che possano determinarla e l’adeguata motivazione dell’ordinanza che la dispone.
Nel caso di specie il Giudice dell’esecuzione, investito della questione, in relazione alla nuova ipotesi delittuosa a carico del condannato, disponeva la revoca della pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, applicata ex art. 444 C.p.P., ripristinando la pena sostituita, nella misura residuale.
L’imputato/ricorrente lamenta il fatto che il Giudice dell’esecuzione, non avrebbe accertato una effettiva violazione, da parte del condannato, degli obblighi inerenti al lavoro sostituivo, né avrebbe valutato il contesto nel quale la trasgressione si sarebbe verificata.
In argomento, va ricordato che secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità può essere disposta non soltanto in caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro, ma anche a causa di comportamenti colpevoli dell’agente, che, pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilità, si ripercuotono su di essa, determinando la pratica impossibilità di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico (v. ex multis Cass., Sez. 1, n. 34234 del 29/5/2015). Fermo restando che la revoca impone al giudice che la dispone, sia esso quello della cognizione ovvero, come nella specie, quello dell’esecuzione, una puntuale giustificazione del provvedimento, con particolare riguardo alla entità dei motivi della violazione e alle circostanze che l’hanno determinata (Cass., Sez. 1, n. 16369 del 27/2/2015).
Ne consegue che la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità deve essere adeguatamente motivata, e con riferimento al caso in esame, non essendovi stata una puntuale spiegazione delle ragioni per cui possano configurarsi delle violazioni degli obblighi inerenti al beneficio o comunque dei comportamenti colpevoli incidenti sulla possibilità di una sua prosecuzione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata.
Corte di Cassazione, Sez. 1, n. 27007/2021