Riconoscimento del figlio naturale

Riconoscimento del figlio naturale Prescrizione del Presunzione di concepimento Durata della messa alla prova Sospensione condizionale Tardività dell'istanza di sospensione del processo con messa alla prova Etilometro Assegno di mantenimento e assegno divorzile Accertamento alcolimetrico Precedenti penali Riconciliazione dei coniugi Recidiva nel biennio Disciplina Recidiva nel triennio Coabitazione Revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento di messa alla prova Sanzione amministrativa accessoria della revoca Semilibertà Affidamento in prova al servizio sociale Selfie pornografici Natura del reato Esito positivo della prova Pensione di reversibilità durata della sanzione amministrativa della sospensione Violenza sessuale Accesso all'istituto della messa alla prova Programma di Trattamento Decreto di citazione a giudizio Durata del lavoro Revisione dell'assegno di divorzio Sospensione della patente di guida e confisca Prognosi favorevole Interpretazione del contratto Revoca della sanzione sostitutiva sostitutiva Irrilevanza Pronuncia di addebito Integrazione o modificazione del programma di trattamento Oblazione Quantificazione della sanzione amministrativa accessoria Verità della notizia Competenza territoriale Lavoro di pubblica utilità Esimente del diritto di satira Critica Sentenza di non doversi procedere Revoca della pena sostitutiva del lavoro di Tradimento e risarcimento del danno Contraffazione Contraffazione grossolana Danno cagionato da cosa in custodia Diniego dell'applicazione dell'istituto della messa alla prova Programma di trattamento e Pubblicazione di foto Trasferimento del lavoratore subordinato Modifica del programma Trasferimento del lavoratore contratto preliminare ad effetti anticipati Espressioni denigratorie Revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento Impugnazione avverso la sentenza di estinzione del reato Incapacità naturale Messa Medico del lavoro Abbandono della casa coniugale Messa alla prova presentata nel giudizio di secondo grado Spese a carico dell'usufruttuario L'ordinanza Pettegolezzo Sospensione della prescrizione Addebito della separazione La caparra confirmatoria Iscrizione di ipoteca Assegno divorzile Rimessione in termini Diritto di satira Programma di trattamento Prestazione di attività non retribuita Diritto di cronaca giudiziaria Circostanze aggravanti Diritto morale d'autore Reato di diffamazione tramite la rete internet Decreto penale di condanna e Impugnazione dell'ordinanza di rigetto Giudizio abbreviato e sospensione del procedimento per messa alla prova tollerabilità delle immissioni Vizi della cosa locata Diffamazione Diffamazione tramite la rete Internet Preliminare di vendita Casellario giudiziale Rilascio dell'immobile locato lavori di straordinaria amministrazione Garanzia per i vizi revoca della sanzione sostitutiva Paternità dell'opera Esimente della verità putativa Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale Diritto di cronaca Sincronizzazione Animali da compagnia Traduzione Obbligazione naturale Modifica del programma di trattamento Format di un programma televisivo Plagio Giurisdizione Relazione investigativa Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Detenzione del bene Discriminazione direttaIl riconoscimento del figlio naturale (il figlio nato fuori dal matrimonio) è un istituto giuridico disciplinato dagli articoli 250 e seguenti del Codice Civile. Il riconoscimento è una dichiarazione formale, unilaterale e non recettizia diretta ad accertare lo status di figlio naturale (secondo la riforma sulla filiazione – Legge n. 219 del 10 Dicembre 2012).

Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato (art. 256 C.c.) ed “È nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento” (art. 257 C.c.).

Il fine è quello della parificazione tra i figli legittimi ed i naturali: La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima (art. 30, comma 3, Costituzione).

Ai sensi dell’art. 250 C.c.: Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, … dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio.

Il figlio che ha compiuto i quattordici anni deve dare il suo assenso; in caso contrario il riconoscimento non produce effetto.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Il consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell’altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all’altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l’opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’articolo 315 bis e al suo cognome ai sensi dell’articolo 262.

Le modalità del riconoscimento del figlio naturale sono disciplinate dall’articolo 254 C.c.: “Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell’atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo”.

Il riconoscimento del figlio “incestuoso“, ovvero il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, è subordinato, a seguito della riforma del 2012, all’autorizzazione del Giudice avuto riguardo all’interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio (art. 251 C.c.).

Il primo comma dell’articolo 258 C.c. afferma che “Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso“.

Ulteriore questione è l’impugnazione del riconoscimento la cui disciplina è contenuta nell’art. 263 C.c., nel quale si afferma che “Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità“.

L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità è ispirata al “principio di ordine superiore che ogni falsa apparenza di stato deve cadere“, in quanto nella verità del rapporto di filiazione è stato individuato un valore necessariamente da tutelare. (Corte Cost. sentenza n. 158 del 1991).

L’impugnazione è esperibile “dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio“.

L’attribuzione della legittimazione ad agire anche all’autore in mala fede del falso riconoscimento e la imprescrittibilità dell’azione dimostrano infatti come il legislatore, nel conformare l’istituto in esame, abbia voluto privilegiare il favor veritatis, in funzione di un’imprescindibile esigenza di certezza dei rapporti di filiazione. La tutela della verità deve porsi in relazione anche alla necessità di impedire che attraverso fraudolenti atti di riconoscimento siano eluse le norme in materia di adozione, poste ad esclusiva tutela dei minori. La finalità così perseguita dal legislatore deve individuarsi proprio nell’attuazione del diritto del minore all’acquisizione di uno stato corrispondente alla realtà biologica, ovvero, qualora ciò non sia possibile, all’acquisizione di uno stato corrispondente a quello dei figli legittimi, ma solo attraverso le garanzie offerte dalle norme sull’adozione. Non si può contrapporre al favor veritatis il favor minoris, dal momento che la falsità del riconoscimento lede il diritto del minore alla propria identità. (Corte Cost. sentenza n. 112 del 1997).

Per quanto riguarda l’autore del riconoscimento, l’azione di impugnazione deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre. L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento.

Per quanto concerne gli altri legittimati l’azione di impugnazione deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Come già affermato l’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

Sovente il perseguimento della verità del rapporto di filiazione può costituire causa di grave pregiudizio per il minore, che può essere costretto, talvolta anche dopo molti anni, ad un repentino allontanamento dall’ambiente familiare nel quale è stato inserito, eventualmente anche con frode. Tale effetto deriva soprattutto dai tempi di durata delle varie fasi e dei gradi del giudizio di impugnazione, durante i quali si possono consolidare legami affettivi, difficilmente rimovibili.

A tali situazioni ben può porsi rimedio con il ricorso ad altri strumenti, tipici di tutela del minore, quali l’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 lettera c) della Legge n. 184 del 1983, molto spesso applicati dai Tribunali per i minorenni. In tal modo si rispetta l’esigenza di verità del rapporto di filiazione, riconosciuta dal nostro ordinamento, e nel contempo si tutelano i legami affettivi instaurati dal minore, che potrebbe restare nella famiglia nella quale si è formata e si è sviluppata la sua personalità, acquisendo lo stato di figlio adottivo. (Corte Cost. sentenza n. 112 del 1997).

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