Rinnovazione dell’istruzione in appello
1.Quando una parte, nell’atto di appello o nei motivi presentati a norma dell’articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove, il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’articolo 495 comma 1.
3. La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria.
3-bis. Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 441, comma
Rinnovazione dell’istruzione in appello. Prova dichiarativa
Con riguardo all’applicabilità dell’art. 603 c.p.p., comma 3-bis, in forza dei principi elaborati dalla giurisprudenza convenzionale e da quella di legittimità, anche a Sezioni Unite, si sottolinea la necessità, per il Giudice di appello, di riassumere la prova dichiarativa prima di procedere al ribaltamento di una decisione liberatoria, quando la nuova valutazione di detto contributo sia stata decisiva nell’ottica della riforma.
Va ricordato, a questo proposito, che le Sezioni Unite della Corte di legittimità, fondando sull’elaborazione della giurisprudenza della Corte EDU a proposito della necessità, per il Giudice di appello, di rinnovare la prova dichiarativa prima di ribaltare la sentenza assolutoria di primo grado, hanno sostenuto che “E’ affetta da vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, di cui all’art. 533 c.p.p., comma 1, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell’art. 603 c.p.p., comma 3; ne deriva che, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell’art. 6, par. 3, lett. d), della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata” (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489). Come pure sancito nell’occasione dalle Sezioni Unite, tali principi, oltre che nel caso di overturning agli effetti penali su impugnazione del pubblico ministero, vanno osservati anche nel caso di ribaltamento seguito a ricorso della parte civile agli effetti civili.
Sempre alla luce di tale precedente, il criterio della decisività va interpretato nel senso che la prova suddetta può dirsi decisiva laddove si tratti di un elemento che, sulla base della sentenza di primo grado, ha determinato o anche soltanto contribuito a determinare un esito liberatorio e che, se espunto dal complesso del materiale probatorio, si rivela potenzialmente idoneo a incidere sull’esito del giudizio di appello. Costituiscono prove orali decisive anche quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti – da sole o insieme ad altri elementi di prova – ai fini dell’esito della condanna.
Perfettamente in linea con i principi sanciti da Sezioni Unite Dasgupta è la successiva Sezioni Unite Patalano (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017), che ha esteso l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in appello anche al caso in cui il ribaltamento riguardi una decisione di primo grado avvenuta nelle forme del rito abbreviato non condizionato.
In continuità con questa impostazione si colloca anche Sezioni Unite Pavan (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019), che ha sancito l’obbligo di rinnovazione in appello, nel caso di ribaltamento della decisione assolutoria di prime cure, anche quanto all’escussione del perito.
E’ per recepire i principi sopra enunciati (come pure osservato dalle Sezioni Unite nella sentenza Pavan) che il legislatore, con la L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 58 ha, con decorrenza dal 3 agosto 2017, introdotto dell’art. 603 c.p.p., il comma 3-bis a norma del quale “Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale“.
Ferma restando la perdurante validità dei principi convenzionali e di quelli scolpiti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte si impone una breve digressione circa l’applicabilità della norma di cui all’art. 603 c.p.p., comma 3-bis.
A tale proposito, questa Corte ha condivisibilmente affermato che, in ossequio al principio del tempus regit actum, qualora il giudizio di appello si svolga nel vigore del novellato art. 603 c.p.p., comma 3-bis, il giudice è tenuto a procedere d’ufficio alla rinnovazione sussistendone tutti i presupposti anche nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia anteriore alla data di entrata in vigore della L. 23 giugno 2017, n. 103, che ha introdotto tale disposizione (Cass., Sez. 6, n. 10260 del 14/02/2019; Sez. 6, n. 16860 del 19/03/2019).
Inoltre, come condivisibilmente sancito dalla Corte di legittimità, infatti, ai fini della rinnovazione dell’istruzione in appello ex art. 603 c.p.p., comma 3-bis, per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa devono intendersi non solo quelli concernenti l’attendibilità dei dichiaranti, ma, altresì, tutti quelli che implicano una diversa interpretazione delle risultanze delle prove dichiarative, posto che il loro contenuto passa comunque attraverso la percezione soggettiva del propalante, onde il giudice del merito è inevitabilmente chiamato a “depurare” il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante, in modo da pervenire ad una valutazione logica, razionale e completa, imposta dal canone dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” (Cass., Sez. 2, n. 13953 del 21/02/2020; in termini, Sez. 5, n. 27751 del 24/05/2019; Sez. 3, n. 16444 del 04/02/2020).
Corte di Cassazione, Sez. V, 25.01.2021 n. 3007