Rinvio a giudizio o citazione diretta
La questione, oggetto dell’esame della Corte di legittimità, concerne la problematica inerente il rapporto tra la richiesta di rinvio a giudizio e la citazione diretta a giudizio nei casi previsti dall’art. 550 C.p.p:
Il pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva.
Occorre chiedersi se la modificazione in peius della forbice edittale del reato per cui si procede, intervenuta in un tempo successivo alla sua consumazione, ma antecedente all’esercizio dell’azione penale nei casi in cui tale modifica si risola in una aumento del massimo edittale in misura superiore ai quattro anni imponga la necessità di esercitare l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o se, invece, debba procedersi con citazione diretta (come ritenuto nel caso in esame dai giudici di merito).
In altri termini occorre chiedersi se il rinvio disposto dall’art. 550 cod. proc. pen al massimo edittale debba intendersi come “fisso” ovvero individuabile in quello previsto dalla legge penale nel momento in cui si esercita l’azione penale o, invece, come “mobile”, ovvero riferibile alla pena applicabile all’imputato sulla base dei criteri indicati dall’art. 2 cod. pen.
Il collegio ribadisce l’inderogabilità del principio del tempus regit actum che regola i rapporti di successione di leggi nel tempo in ambito procedurale anche nei casi in cui la norma di procedura faccia riferimento a limiti di pena indicati da norme sostanziali (Sez. 3, Sentenza n. 18297 del 04/03/2020 (dep. 16/06/2020); Sez. U, Sentenza n. 48590 del 18/04/2019 (dep. 29/11/2019); Sez. U, Sentenza n. 44895 del 17/07/2014 Cc. (dep. 28/10/2014).
Così in relazione al reato di atti persecutori, con giurisprudenza che si condivide ed alla quale si intende dare continuità, la Cassazione ha affermato che quando è in predicato la successione di leggi processuali nel tempo, non opera il principio di retroattività della legge più favorevole ritenendo legittima la citazione diretta a giudizio per un reato di “stalking” commesso prima della modifica normativa che, aumentando il limite edittale della pena, ha introdotto la necessità dell’udienza preliminare (Sez. 5, Sentenza n. 35588 dei 03/04/2017)
La norma del codice di procedura penale che regola i casi in cui è necessario procedere con citazione diretta distinguendoli da quelli in cui si procede con la richiesta di rinvio a giudizio è di stretta procedura non versandosi in uno dei casi in cui la norma seppur qualificata come procedurale ha le caratteristiche della norma sostanziale (come nel caso dell’art. 442 che correla alla procedura scelta il trattamento sanzionatorio: norma ritenuta inquadrabile come “sostanziale” dalla Corte europea dei diritti umani nel caso Scoppola v. Italia, GC del 17 settembre 2009).
Il principio del tempus regít actum svolge l’essenziale funzione di ordinare la successione di leggi nel tempo in ambito procedurale garantendo l’applicazione uniforme delle regole processuali che subirebbero confusive ed ingestibili discontinuità ove si procedesse alla importazione in ambiente processuale del principio della lex mitíor che regola la successione delle leggi penali nel tempo in ambito sostanziale.
Si ritiene pertanto che il rinvio contenuto nell’art. 550 cod. proc. pen, al limite di pena dei quattro anni debba essere inteso come “fisso“, ovvero riferito alla norma vigente nel momento in cui si esercita l’azione penale, e non come “mobile” ovvero collegato alla norma di diritto penale sostanziale in concreto applicabile all’imputato sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali nel tempo indicati dall’art. 2 cod. pen. Tuttavia nei casi in cui l’errore nella scelta della forma di esercizio dell’azione penale si risolva in un accrescimento delle garanzie, ovvero nella celebrazione dell’udienza preliminare, non si verifica alcuna lesione del diritto di difesa; diversamente nei casi in cui l’erronea scelta di procedere con citazione diretta privi l’imputato della garanzia processuale correlata alla celebrazione dell’udienza preliminare si verifica una lesione del diritto difesa che configura una nullità con regime di eccepibilità vincolato (la nullità deve essere eccepita entro il termine indicato dall’art. 550 comma 3 cod. proc. pen.); sicché ove, come nel caso di specie tale termine sia rispettato deve essere dichiarata la nullità dell’atto di esercizio dell’azione penale e degli atti conseguenti (sentenze di primo e di secondo grado).
Corte di Cassazione Penale sentenza Sez. 2 n. 9876 del 2021