Risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale
Nel caso di specie nell’ambito del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale e a seguito della morte della minore in un incidente stradale, il padre della stessa agisce sostenendo che la Corte di merito avrebbe liquidato, in suo favore, sulla base della «non effettività del legame padre figlia», il danno da perdita parentale al di sotto dei valori minimi di cui alle Tabelle di Milano, «senza motivare» al riguardo, così violando l’art. 1226 c.c.
Secondo l’orientamento della Corte di legittimità in tema di danno da perdita del rapporto parentale (Cass. 21230/2016 e 7743/2020), secondo cui è onere dei congiunti provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ha, altresì, richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui il giudice può discostarsi dalla misura minima prevista dalle Tabelle di Milano purché dia conto nella motivazione della specifica situazione che giustifica la decurtazione (Cass. n. 29495/2019).
Dei richiamati principi la Corte di merito, nel caso di specie, ha fatto corretta applicazione e, in particolare ha correttamente motivato il lamentato discostamento dai valori tabellari con riferimento alla situazione specifica.
Nel ritenere non provata l’effettività del rapporto parentale, con riguardo alla relazione padre figlia, la Corte territoriale ha in primis valutato la travagliata storia familiare della minore e, stante l’assenza di una stabile convivenza con entrambi i suoi genitori, ha ancorato tale valutazione a quanto complessivamente risultante agli atti. Tale disamina è stata effettuata disgiuntamente e con ampiezza di argomentazioni in relazione ai rapporti con ognuno dei genitori, risultando così evidente la diversa consistenza di tali rapporti. La Corte di merito ha concluso per la non effettività del rapporto parentale con il padre considerando anche che, per stessa ammissione del padre, il rapporto con la figlia constava in contatti telefonici e manifestava la sua fragilità nella non partecipazione del Capelli agli incontri organizzati dai Servizi Sociali e nel fatto che non si fosse mai posto il problema del mantenimento della figlia.
Peraltro, va evidenziato che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto.
Corte di Cassazione Ord. Sez. VI n. 36297 del 13/12/2022