Risoluzione del contratto di affitto al coltivatore diretto
L’affittuario coltivatore diretto può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell’annata agraria.
La risoluzione del contratto di affitto a coltivatore diretto può essere pronunciata nel caso in cui l’affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione.
Prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, il locatore è tenuto a contestare all’altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il conduttore sani l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto.
La morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronunzia di risoluzione del contratto ai sensi del secondo comma del presente articolo quando si concreti nel mancato pagamento del canone per almeno una annualità. È in ogni caso applicabile il terzo comma dell’articolo 2 della legge 9 agosto 1973, n. 508.
La L. n. 203 del 1982, art. 5 prevede, da un lato, che la risoluzione del contratto di affitto al coltivatore diretto può essere pronunciata nel caso in cui l’affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale e, dall’altro, che “prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, il locatore è tenuto a contestare all’altra parte, mediante lettera raccomandata, l’inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste“, al fine di consentire all’affittuario di sanare l’inadempienza nel termine di tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione. La comunicazione che non illustri le motivate richieste, in modo da consentire all’intimato di valutarle ai fini della sanatoria prevista dalla disposizione normativa, non integra valida contestazione di eventuali inadempienze, dovendo il conduttore conoscere non solo i fatti di cui il conduttore si lamenti, ma anche ciò che quest’ultimo vuole al fine di vedere realizzato il suo diritto ad un esatto adempimento (Cass., sez. 3, 2/12/1992, n. 12856). Di conseguenza, in difetto della indicazione dei mezzi per consentire all’affittuario di sanare l’inadempimento nel termine di legge, l’onere di contestazione ex art. 5 citato può dirsi osservato nel solo caso in cui dalla contestazione stessa risulti l’impossibilità del ripristino della situazione provocata dall’inadempimento (Cass., sez. 3, 09/05/1994, n. 4485); (cit. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 34131 del 21/11/2022).