Sequestro di persona a scopo di estorsione

Sequestro di persona a scopo di estorsione Rapina Travisamento della prova forma dell'impugnazione Mancata assunzione di una prova decisiva Sentenza predibattimentale di proscioglimento Il principio di ne bis in idem Incidente probatorio Reato continuato Induzione indebita a dare o promettere utilità Attenuante del ravvedimento operoso Attenuante della collaborazione processuale Attenuanti generiche La sospensione condizionale della pena Prova e indizi Responsabilità Applicazione della pena su richiesta delle parti Misure alternative alla detenzione carceraria Defendendi Il principio di offensività Reato continuato Atti sessuali con minorenne Particolare tenuità del fatto Il reato di furto Regime di procedibilità per taluni reati Ricettazione Omicidio preterintenzionale beni culturaliIl reato di sequestro di persona a scopo di estorsione è disciplinato dall’art. 630 C.p.:

Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.

Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta.

Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell’ergastolo” … .

Nel reato di cui all’art. 630 C.p., per sua natura plurioffensiva, l’elemento oggettivo del sequestro, inteso come privazione della libertà di muoversi della vittima, secondo la propria autonoma scelta, viene tipizzato dallo scopo di conseguire un profitto ingiusto, rappresentato dal prezzo della liberazione. Sì che, qualora ricorrano tali due elementi (privazione della libertà della persona e finalità di ottenere un profitto come prezzo della liberazione), si concretizza il delitto contestato in quanto si lucra un profitto per la liberazione dell’ostaggio, del tutto ingiusto. (Cassazione, Sez. V, sentenza del 22 marzo 2021, n. 10967)

E’ noto che il reato di sequestro di persona non richiede necessariamente la privazione, in senso assoluto, della libertà di movimento del soggetto passivo, potendo realizzarsi anche come limitazione di tale libertà di azione, finalizzata ad inibire le relazioni interpersonali del soggetto stesso, sottraendolo, per un lasso di tempo apprezzabile, al suo abituale contesto (Cass., Sez. 6, n. 39807 del 30/05/2019).

Dal punto di vista dell’elemento soggettivo, poi, si rileva che è sufficiente che la condotta, attraverso l’uso della coercizione, sia accompagnata alla finalità di perseguire un vantaggio patrimoniale. Tanto, in linea con l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della sussistenza del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (Cass., Sez. 1, n. 206 del 19/04/2017) la condotta è integrata dalla privazione della libertà, per riscuotere, proprio grazie alla liberazione dell’ostaggio, un vantaggio patrimoniale, che permane ingiusto anche se ha trovato la propria causa in una preesistente intesa fra sequestratore e vittima.

Il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’art. 630 C.p. si colloca a metà strada tra il reato di sequestro di persona (art. 605 C.p.) e il reato di estorsione (art. 629 C.p.). 

La condotta criminosa consistente nella privazione della libertà, finalizzata a conseguire, come prezzo della liberazione, una prestazione patrimoniale, anche se pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito, integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all’art. 630 C.p. e non il concorso del delitto di sequestro di persona (art. 605 C.p.) con quello di estorsione, consumata o tentata (artt. 629 e 56 C.p.). Tale condivisibile principio che va senz’altro ribadito, è stato affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sez. U., n. 962 del 17/12/2003) e ripreso, in modo costante, dalla successiva giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. F, n. 27539 del 2/09/2020; Cass., Sez. 2, n. 20032 del 05/05/2015; Cass., Sez. l, n. 17728 del 01/04/2010; Cass., Sez. 1, n. 16177 del 11/02/2010). (Cassazione, Sez. V, sentenza del 22 marzo 2021, n. 10967).

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