Stato di latitanza
È latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.
2. La latitanza è dichiarata con decreto motivato. Se la dichiarazione consegue alla mancata esecuzione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari, nel decreto sono indicati gli elementi che provano l’effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell’ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore.
3. Gli effetti processuali conseguenti alla latitanza operano soltanto nel procedimento penale nel quale essa è stata dichiarata.
4. La qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato a norma dell’articolo 299 o abbia altrimenti perso efficacia ovvero siano estinti il reato o la pena per cui il provvedimento è stato emesso.
4-bis. Quando il provvedimento che ha dato causa alla dichiarazione di latitanza è eseguito, se il processo è in corso, all’imputato è comunicata la data dell’udienza successiva.
5. Al latitante per ogni effetto è equiparato l’evaso.
Il condannato contumaciale, latitante, che non abbia avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico, ha diritto alla restituzione nel termine per l’impugnazione?
Nel caso di specie il giudice di merito ha rigettato l’istanza di restituzione nel termine facendo erroneamente discendere dallo stato di latitanza anche la conoscenza del provvedimento impugnabile, senza valutare che il latitante non ha avuto alcun atto giuridico da cui dedurre la “sicura notizia del processo”, rispondente a precise condizioni formali e sostanziali, idonee a consentirgli l’esercizio concreto dei suoi diritti, non avendo neanche nominato un difensore di ufficio.
Va preliminarmente rilevato che la norma applicabile è l’art. 175 c.p.p., comma 2, come sostituito dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, nella formulazione antecedente alle modifiche del 2014. Tale norma riconosce al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare “salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione“.
La restituzione nel termine è esclusa se risulti la conoscenza del procedimento, ovvero del provvedimento e la volontaria rinunzia riferibile alla partecipazione al primo, all’impugnazione del secondo. Ne discende che la mancanza di conoscenza del procedimento accompagnata da mancata volontaria rinunzia a comparire e la mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata da mancanza di volontaria rinunzia a impugnare, costituiscono condizioni che devono sussistere entrambe in via cumulativa per ottenere la restituzione in termini, sicché, difettando una delle due, deve essere negata la possibilità del giudizio d’impugnazione. Come affermato anche da Cass. Sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, Bartolelli, che richiama la giurisprudenza della Corte EDU (Colozza c. Italia, sentenza del 12/2/1985, 27; F.C.B. c. Italia, del 28/8/1991, 33; T. c. Italia, del 12/10/1992, 26), per stabilire se vi sia stata o meno rinuncia inequivoca a comparire e ad impugnare la condizione preliminare ed essenziale è ovviamente verificare se l’imputato abbia avuto conoscenza, non soltanto della possibilità di un procedimento a suo carico, ma dell’esistenza effettiva di un processo e del contenuto dell’accusa sulla quale era chiamato a difendersi in giudizio.
La conoscenza deve essere effettiva, nel senso che il destinatario deve avere ricevuto sicura notizia del processo, fornitagli mediante un atto giuridico rispondente a precise condizioni formali e sostanziali, idonee a consentirgli l’esercizio concreto dei suoi diritti.
Come si afferma nella sentenza Bartolelli, se tale condizione è provata, chi abbia scelto di non comparire perché resosi irreperibile non può dolersi del fatto di non avere conosciuto la sentenza che lo ha condannato: tale condizione, liberamente scelta, con la sottrazione al procedimento penale ed al contatto con l’autorità giudiziaria lo ha posto volontariamente nella situazione di ignorarne l’esito conclusivo (Cass. sez. 5, 14889/2010).
Orbene, va ricordato che è latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.
La volontarietà non postula che l’interessato sia a conoscenza dell’avvenuta emissione a suo carico del provvedimento restrittivo della libertà, essendo sufficiente che sappia che un ordine o mandato può essere emesso nei suoi confronti; ma è tuttavia comunque necessario che risulti che egli si è posto in condizioni di irreperibilità avendo notizia delle sue pendenze giudiziarie.
La latitanza, avendo quale presupposto la volontarietà, implica la conoscenza del procedimento; dalla latitanza però non discende necessariamente la conoscenza effettiva e sicura del processo o della sentenza, perché il latitante non ha ricevuto l’atto giuridico contenente l’accusa.
Va ribadito quanto affermato da Cass. Sez. 6, n. 25415 del 28/05/2007, in motivazione: ai fini della applicazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, la situazione dell’imputato latitante nel procedimento e che non ha nominato un difensore di fiducia mentre può costituire prova della conoscenza del procedimento, e della volontà di non comparire, non può costituire prova anche della conoscenza del provvedimento e della rinuncia ad impugnare.
Non è consentita alcuna equiparazione con la situazione di colui che, latitante, abbia nominato un difensore di fiducia presso il quale ha eletto domicilio, assumendosi i conseguenti obblighi di tenere con lui i contatti necessari ai fini della conoscenza dell’esito del procedimento e della proposizione dell’impugnazione.
Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 2 gennaio 2019, n. 26