Stato di Whatsapp e reato di diffamazione
Il reato di diffamazione ex art 595 del Codice Penale può essere commesso anche mediante lo stato di Whatsapp:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
La questione viene affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento con riferimento alla sussistenza del reato di diffamazione commesso dall’imputato pubblicando nel proprio “stato” di Whatsapp contenuti lesivi della reputazione altrui.
L’imputato, nel caso di specie, aveva la possibilità dell’applicazione di escludere la visione dello “stato” a tutti o ad alcuni dei contatti presenti: ciò che, peraltro, è del tutto razionale, dal momento che, se tale fosse stata l’intenzione dell’imputato, sarebbe stato sufficiente mandare un messaggio individuale.
La gravità della condotta di diffamazione ha comportato, nel caso di specie, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass., Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011; Cass., Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010).
Corte di Cassazione Penale, Sez. V, Sentenza 8 settembre 2021 n. 33219