Il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento deve essere garantito in favore di entrambi i coniugi.
Ai sensi dell’art. 156 C.c.: Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri .
L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.
Invero, il criterio seguito per la quantificazione del contributo di mantenimento secondo la giurisprudenza di legittimità, è espresso dal principio secondo cui i «redditi adeguati» cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge separato, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio nella fase temporanea della separazione, stante la permanenza del vincolo coniugale e l’attualità del dovere di assistenza materiale, derivando dalla separazione – a differenza di quanto accade con l’assegno divorzile che postula lo scioglimento del vincolo coniugale – solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione (ex plurimis, Cass. n. 5605 del 2020, Cass., n. 16809 del 2019, Cass., n. 12196 del 2017).
Nel caso di specie a seguito della pronuncia di separazione era stato riconosciuto al marito un contributo al mantenimento inidoneo ad assicurargli lo stesso tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio in considerazione delle elevatissime capacità economiche di cui la moglie aveva sempre goduto e godeva tuttora. Il marito nel corso della vita matrimoniale aveva lasciato il lavoro per dedicarsi all’accudimento del figlio invalido, e aveva perduto le pregresse capacità professionali nel settore informatico e non era riuscito a reinserirsi nel mondo del lavoro, anche in considerazione della sua non più giovane età.
Corte di Cassazione sentenza n. 26890 del 13 settembre 2022