La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione concernente la qualificazione giuridica della condotta con riferimento al reato di furto con strappo in seguito all’aggressione ad una troupe televisiva, e sottrazione della telecamera dalle mani dell’operatore intento ad effettuare alcune riprese.
Il reato di furto con strappo è disciplinato dal comma secondo dell’art. 624 bis Codice Penale: “… chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona“.
Il fatto sarebbe consistito nello smontaggio della telecamera, composta di due parti (corpo camera e corpo ottico), e successiva asportazione del solo corpo ottico, azione che rendeva il bene inutilizzabile. Al riguardo la sentenza impugnata osserva che è stato sottratto il corpo ottico della telecamera, bene avente rilevante valore economico – pari a circa 7.0008.000 Euro – che non è stato mai più ritrovato.
Sulla base di ciò, secondo il ricorrente si sarebbe dovuto escludere il delitto di furto, essendo ravvisabili, piuttosto, gli estremi di un danneggiamento, in quanto il fine perseguito non sarebbe stato quello di profitto, ma quello di distruggere o deteriorare la telecamera.
A parere del Supremo Collegio la qualificazione giuridica della condotta è ricollegabile al reato di furto, e non di danneggiamento. Invero, anche se il fine perseguito fosse stato quello di rendere inservibile la telecamere per impedire le riprese, ricorrerebbero, pacificamente, gli estremi del delitto di furto, posto che: “in tema di furto, il profitto può consistere in qualsiasi utilità, anche di natura non patrimoniale. (In applicazione del principio di cui in massima la Suprema Corte di legittimità ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità dell’imputato il quale si era impossessato di un apparato di videoregistrazione installato dalla polizia giudiziaria, sostenendo di volerlo danneggiare ed impedire così le attività di p.g.).” (Cass., Sez. 4, n. 30 del 18/09/2012).
Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 29 marzo – 13 luglio 2018, n. 32373