Verbale di conciliazione giudiziale quale titolo esecutivo idoneo alla esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare
Dispositivo ex art. 612 del codice di procedura civile
Chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell’esecuzione che siano determinate le modalità dell’esecuzione.
Il giudice dell’esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
Il primo argomento, di carattere letterale, viene dedotto dall’incipit della norma censurata, il quale recita: “chi intende ottenere l’esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare“. La disposizione, facendo riferimento espressamente soltanto all’esecuzione di una sentenza, escluderebbe la possibilità di esperire l’esecuzione di obblighi di fare o di non fare sulla base di titoli esecutivi diversi dalle sentenze ed in particolare del verbale di conciliazione.
L’argomento è debole, tanto che la norma viene generalmente intesa come idonea a disciplinare l’esecuzione non soltanto delle sentenze, ma anche di altri provvedimenti che di queste non hanno forma e contenuto, quali, ad esempio, le ordinanze emesse in sede di procedimenti per denuncia di nuova opera o di danno temuto, nonché, secondo un indirizzo giurisprudenziale, dei provvedimenti concernenti l’affidamento dei minori (Cass., n. 292 del 1979; Cass., n. 5374 del 1980).
Si può replicare che l’art. 183, primo comma, cod. proc. civ., stabilisce che alla conciliazione si può pervenire se la natura della causa lo consente, rafforzata da una pluralità di convergenti riflessioni.
La conciliazione è da sempre inquadrata tra gli strumenti predisposti ad finiendas lites. Qualora si escludesse l’efficacia esecutiva del verbale di conciliazione avente ad oggetto gli obblighi di cui all’art. 612 cod. proc. civ., si costringerebbe la parte a ripercorrere la strada di un processo di cognizione, così negando il valore di accelerazione della definizione della controversia che costituisce la principale caratteristica della conciliazione.
Ma è proprio a siffatta caratteristica che si deve il favore accordato alla conciliazione dagli interventi legislativi più recenti. A riguardo vanno ricordate le modifiche apportate agli artt. 183 e 185 cod. proc. civ. con gli artt. 17 e 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353, ed in particolare le disposizioni che prevedono la possibilità di rinnovare il tentativo di conciliazione in qualunque momento dell’istruzione.
Ad attestare il favore che gli interventi legislativi più recenti accordano alla conciliazione possono anche essere menzionate le norme che la disciplinano in alcuni procedimenti speciali quali quelli davanti al giudice di pace (artt. 320 e 322 cod. proc. civ.), al giudice onorario aggiunto (legge 22 luglio 1997, n. 276, art. 13), nonché, di particolare rilievo, le norme che regolano il tentativo di conciliazione in materia di lavoro (legge 11 maggio 1990, n.108, art. 5, comma 1; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 65).
Si ritiene che l’art. 612, primo comma, cod. proc. civ. possa essere letto nel senso che esso consenta il procedimento di esecuzione disciplinato dalle disposizioni che lo seguono anche se il titolo esecutivo sia costituito dal verbale di conciliazione, in quanto le eventuali ragioni ostative devono essere valutate non ex post, e cioè nel procedimento di esecuzione, bensì, se esse preesistono, in sede di formazione dell’accordo conciliativo da parte del giudice che lo promuove e sotto la cui vigilanza può concludersi soltanto se la natura della causa lo consente.
In presenza di un verbale di conciliazione, cui il codice di rito attribuisce in linea di principio efficacia di titolo esecutivo (art. 185, secondo comma, e art. 474, secondo comma, numero 1), si deve ritenere che le eventuali ragioni di ineseguibilità in forma specifica dell’obbligo siano state già considerate ed escluse, ferma restando la possibilità di far valere quelle sopravvenute.
Non è superfluo soggiungere che i provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 612 e seg. cod. proc. civ. possono essere oggetto di opposizione per motivi sopravvenuti in caso di conciliazioni giudiziali, per motivi anche preesistenti in ipotesi di conciliazioni conclusesi al di fuori del controllo del giudice.
Ne deriva che il verbale di conciliazione giudiziale costituisce titolo esecutivo idoneo alla esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, perché si deve ritenere che i presupposti di fungibilità e coercibilità in forma specifica dell’obbligo dedotto nel titolo siano stati considerati al momento della formazione dell’accordo conciliativo dal giudice che lo ha promosso e sotto la cui vigilanza esso è stato concluso.
Corte Costituzionale sentenza n. 336 del 2002