Il Vintage è un fenomeno culturale che scaturisce da un concetto sentimentale, che si rifà alla memoria, piuttosto che rivestire i panni della novità.
Nella moda, il vintage è la riesumazione del culto cosi detto povero degli anni ’70, che adattava abiti usati come rifiuto di un sistema politico e sociale capitalistico, che indottrinava verso un bisogno di beni di consumo di stampo lussuoso.
L’usato inizia ad essere interpretato come fenomeno vintage a partire dagli anni ’90. L’etimologia del temine, “ vintage ”, non a caso, deriva dalla fonetica anglo – francese adoperata nel linguaggio enologico, che in origine significava “vendemmia”, di conseguenza vino d’annata, così come sono gli abiti proposti dalle bancarelle e dalle boutique specializzate in questo genere di abiti.
In Italia il momento centrale per la moda vintage è la fiera dell’ usato che si tiene al Castello di Belgioioso, in provincia di Pavia.
Il suo fascino non riguarda solo il sapore retrò della moda rispettivamente degli anni ’50, ’60 e ’70 ma anche l’ affermarsi dello stile etnico.
Lo scopo del vintage è il recupero a schema libero di capi e accessori di epoche passate che vengono reinterpretati (felpe che diventano gonne, trench che si trasformano in abiti da sera). D’altra parte questo fenomeno risponde a desideri di stabilità, sicurezza, affidabilità.
La confusione quotidiana dell’epoca attuale, la tecnologia sempre più invasiva, il disordine dei segnali socio – culturali differenti, hanno fatto si che si sviluppasse un’ insofferenza e un forte bisogno ad un ritorno genuino alla tradizione.
Questo spiega perché numerose case di moda negli ultimi anni hanno lavorato direttamente su abiti usati, o creato linee di moda simil – vintage, ossia abiti nuovi che sembrano vecchi, come ad esempio i jeans strappati o il patchwork di tessuti antichi.
Bell’articolo molto interessante.
La ringrazio per l’intervento.