La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza emessa il 25 Settembre 2012 ha dato una interpretazione dell’ articolo 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che riconosce il diritto alla conoscenza delle proprie origini nell’ambito di applicazione della nozione di vita privata e specificatamente nella sfera di protezione dell’identità personale.
In questa prospettiva la Corte Europea ha affermato che l’ articolo 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo protegge il diritto all’identità e alla realizzazione personale e quello di intessere e sviluppare relazioni con i propri simili e il mondo esterno.
A questa realizzazione della personalità concorrono la conoscenza dei dati concernenti la propria identità di essere umano e l’interesse vitale, protetto dalla Convenzione, di ottenere le informazioni necessarie per apprendere la verità su un aspetto importante dell’identità personale quale la identità dei propri genitori. La nascita e le sue circostanze rientrano nell’ambito degli elementi della vita privata del bambino e poi dell’adulto, garantiti dall’ articolo 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che trova pertanto applicazione in questa materia.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rilevato, inoltre, la esistenza di un interesse in conflitto con il diritto alla conoscenza delle proprie origini e che si manifesta in situazioni di difficoltà per la madre tali da indurla a portare a termine la gravidanza e a partorire in condizioni di sicurezza, per la sua salute e quella del bambino, solo se può conservare l’anonimato e vedere tale scelta garantita dall’ordinamento anche successivamente al parto.
La Corte, pur dando atto che in Europa il c.d. parto anonimo è ammesso da un numero nettamente minoritario di Stati, riconosce che gli Stati aderenti alla Convenzione possano accordare all’anonimato meritevolezza di tutela sotto due profili: salvaguardare la salute della donna consentendole di partorire in condizioni mediche e sanitarie appropriate, proteggendo così sia la salute della donna che quella del bambino durante la gravidanza e il parto; evitare che le condizioni personali della donna la costringano ad abortire, e soprattutto la inducano ad aborti clandestini e abbandoni selvaggi del bambino.
Corte di Cassazione sentenza n. 15024 anno 2016