Assegno di mantenimento e assegno divorzile sono due istituti differenti e, in alcuni casi, conseguenziali. Per assegno di mantenimento si intende una somma di denaro stabilita durante la fase giudiziale della separazione dei coniugi (fino al divorzio) secondo il disposto di cui all’art. 156, comma 1 e 2, C.c.: “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato“.
Invero, “posto che con la separazione, a differenza che con il divorzio, il rapporto coniugale non viene meno, sicchè restano sospesi gli obblighi di natura personale tra i coniugi, ma non anche quelli patrimoniali, al coniuge cui non è stata addebitata la separazione, e che ne faccia richiesta, compete a carico dell’altro un assegno di mantenimento …” (Cass. 16 Maggio 2017, n.12196). Pertanto, il diritto all’assegno di mantenimento è riconosciuto al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione e che non sia in grado di mantenere durante la separazione, con le proprie potenzialità economiche, il tenore di vita che aveva in costanza di convivenza matrimoniale, a prescindere da uno stato di bisogno.
Ne deriva che, presupposto fondamentale ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento e quello della conservazione del tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio “da individuarsi con riferimento allo standard di vita familiare reso oggettivamente possibile dal complesso delle loro risorse economiche, in termini di redditività, capacità di spesa, garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro …” (Cass. 16 Maggio 2017, n.12196).
La determinazione dell’assegno di mantenimento in relazione al tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio si basa non solo sul reddito (reale) percepito da entrambi i coniugi durante la convivenza familiare, ma anche sui beni e sulle proprietà immobiliari, nonché deve essere valutata la redditualità potenziale in termini di capacità e professionalità lavorativa di ciascun coniuge, e ogni altra utilità economicamente valutabile, come le elargizioni da parte di familiari che abbiano avuto carattere continuativo durante il matrimonio, alla stregua di una valutazione comparativa … (con riferimento sia al coniuge richiedente che la coniuge obbligato) e … tenuto conto di circostanze ulteriori quali la durata della convivenza (Cass. 16 Maggio 2017, n.12196).
L’assegno divorzile è la somma di denaro che un coniuge deve corrispondere all’altro dopo il giudizio di divorzio e trova la sua disciplina giuridica nel disposto di cui all’art. 5, comma 6, Legge n. 898 del 1970, e successive modifiche, “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive“. L’assegno divorzile ha natura assistenziale e di “solidarietà economica” e prescinde da uno stato di bisogno del (ex) coniuge richiedente.
Il parametro del tenore di vita nell’ambito della determinazione dell’assegno divorzile ha subito negli anni un notevole ridimensionamento (anche se non un abbandono totale), come sottolineato dalla recente giurisprudenza di legittimità: il parametro del “tenore di vita” collide radicalmente con la natura stessa dell’istituto del divorzio e con i suoi effetti giuridici, … con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale, a differenza di quanto accade con la separazione personale, che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, gli obblighi coniugali di cui all’art. 143 C.c., sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale” ivi condotto, in una indebita prospettiva, per così dire, di “ultrattività” del vincolo matrimoniale. (Cass. 10 Maggio 2017, n. 11504).
Nell’attribuzione e nella determinazione dell’assegno divorzile al coniuge richiedente vengono in rilievo altri fattori, da valutare caso per caso, quale la mancanza di “mezzi adeguati“, quello relativo all’impossibilità per il coniuge di procurarsi altre fonti di reddito per ragioni oggettive (ad esempio l’età avanzata) e alla durata del matrimonio (con tutte le aspettative maturate dall’ex coniuge richiedente). In tali casi si possono verificare due ipotesi: 1) se l’ex coniuge richiedente l’assegno possiede “mezzi adeguati” o è effettivamente in grado di procurarseli, il diritto deve essergli negato tout court; 2) se, invece, lo stesso dimostra di non possedere “mezzi adeguati” e prova anche che “non può procurarseli per ragioni oggettive”, il diritto deve essergli riconosciuto. (Cass. 10 Maggio 2017, n. 11504).
La conservazione del tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio (in relazione alle condizioni economiche dei coniugi) può essere rilevante ai soli fini della quantificazione dell’assegno divorzile, dalla conferma dello stesso fino all’azzeramento e prefigura un giudizio nitidamente e rigorosamente distinto in due fasi, il cui oggetto è costituito, rispettivamente, dall’eventuale riconoscimento del diritto (fase dell’an debeatur) e, solo all’esito positivo di tale prima fase, dalla determinazione quantitativa dell’assegno (fase del quantum debeatur). (Cass. 10 Maggio 2017, n. 11504).
Concludendo, dopo aver ribadito la sostanziale diversità giuridica e fattuale tra assegno di mantenimento e assegno divorzile, occorre affermare che tra i principali “indici”, salvo altri elementi da valutare caso per caso, ai fine della determinazione dell’assegno divorzile vi sono il possesso di redditi di qualsiasi specie; il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari; le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo; la stabile disponibilità di una casa di abitazione. Quanto alle elargizioni di terzi, in particolare familiari, normalmente i genitori, continue e regolari, protrattesi anche dopo la separazione, nel giudizio sul riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio si è affermata la sostanziale irrilevanza per il carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti. (Cass. 10380/2012).