La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza che si riporta in commento affronta la questione inerente l’attendibilità della vittima nel reato di violenza sessuale ex art. 609 bis C.p.
Nel caso di specie si contestava l’attendibilità della vittima e si sottolineava sia l’anomalia della condotta della stessa successiva al reato di violenza sessuale, risultando logicamente incompatibile con una violenza l’essersi fatta riaccompagnare a casa dall’imputato dopo il rapporto sessuale, sia le diverse versioni del fatto dalla stessa fornite alle persone con le quali si era confidata.
In primis, il giudizio di attendibilità della persona offesa, costituitasi parte civile, è oggetto di un giudizio sul merito, che non può essere oggetto di nuova valutazione, in presenza di motivazione idonea e immune da vizi logici, nel giudizio di legittimità (v., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015; Cass., Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015; Cass., Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014; Cass., Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012; Cass., Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007).
Nel caso di specie le dichiarazioni della persona offesa sono stata valutate evidenziando l’identità della descrizione del fatto da parte della stessa a diversi soggetti e in differenti contesti, spiegando la mancanza di segni esteriori della violenza subita con lo stato di paura in cui la vittima era venuta a trovarsi a seguito della aggressione a scopo sessuale da parte dell’imputato, che le aveva impedito una concreta opposizione, anche in considerazione della maggior prestanza fisica dell’imputato, traendone, in modo logico, la prova della attendibilità della vittima. Ne deriva che l’attendibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni sono risultate riscontrate, oltre che dalle confidenze con i vicini e la compagna, anche dagli esiti della visita ginecologica cui la vittima era stata sottoposta, dalle condizioni di prostrazione e dalle difficoltà di relazione della persona offesa nelle settimane successive al fatto, evidenziando anche l’assenza di ragioni plausibili per ritenere calunniose le accuse.
Inoltre, il comportamento della vittima successivo alla violenza (allorquando accettò di farsi accompagnare a casa in automobile dall’imputato), è stato giudicato compatibile con un rapporto non consensuale, sottolineando, a sostegno della attendibilità della persona offesa e della compatibilità tra tale condotta e la violenza appena prima subita, la portata traumatica dell’episodio e le conseguenze psicologiche che lo stesso aveva prodotto sulla vittima.
Corte di Cassazione Sez. III n. 5512/2020