Limiti al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero

Limiti al diritto di manifestare liberamente La libertà di manifestazione del pensiero La tutela dei beni culturali Prostituzione volontaria Immobili ed aree di notevole interesse pubblico Reddito di cittadinanza Diffamazione a mezzo stampa giudizio abbreviato e immediato Controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni Libertà e la segretezza della corrispondenza violenza sessuale di gruppoI limiti al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero sono sanciti indirettamente dalla Carta Costituzionale in particolare con riferimento alla tutela dei diritti della personalità.

Tale interpretazione trova conferma nella disposizione di cui all’art.10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che recita: “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione. L’esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e la imparzialità del potere giudiziario“.

Non può sostenersi che l’art. 21 Cost. “tutelando nel modo più ampio la libertà di espressione, postula – implicitamente ma necessariamente – che allorquando il diritto di manifestazione del pensiero entra in conflitto col diritto altrui al rispetto della propria reputazione ed onorabilità, sia concessa all’incolpato l’incondizionata facoltà di provare la verità delle sue affermazioni“.

La previsione costituzionale del diritto di manifestare il proprio pensiero non integra una tutela incondizionata ed illimitata della libertà di manifestazione del pensiero, giacché, anzi, a questa sono posti limiti derivanti dalla tutela del buon costume o dall’esistenza di beni o interessi diversi che siano parimenti garantiti o protetti dalla Costituzione (come la Corte Costituzionale ha precisato in varie occasioni e da ultimo con la sentenza n. 20 del 1974).

E tra codesti beni ed interessi, ed in particolare tra quelli inviolabili, in quanto essenzialmente connessi con la persona umana, è l’onore (comprensivo del decoro e della reputazione) che trova difesa nelle previsioni degli artt. 594 e 595 del codice penale.

Ne consegue, in relazione al caso di conflitto tra diritti l’assenza di ragioni logiche o giuridiche per cui possa dirsi che spetti all’incolpato la facoltà di provare la verità delle sue affermazioni ancorché ingiuriose o diffamatorie.

D’altra parte, escluso ciò, non può dirsi che la norma de qua sia in contrasto con l’art. 24 della Costituzione. L’incolpato di ingiuria o di diffamazione, di regola, non è, ovviamente, titolare di un diritto di ingiuriare o di diffamare, ovvero, secondo quanto si è precisato con la citata sentenza n. 175 del 1971, come il giornalista, legittimato ad informare in ordine a fatti o circostanze che siano ritenuti lesivi dell’onore e della reputazione altrui; e quindi ha il diritto di difendersi alla stessa stregua di ogni altro soggetto a cui sia imputato un qualsiasi reato (e che, tra l’altro, non possa invocare l’esimente dell’art. 51 del codice penale), ma non può pretendere di provare i fatti ingiuriosi o diffamatori. E per ciò subisce una limitazione. Questa non è però irrazionale, perché il bene protetto con gli artt. 594 e 595 è l’onore del cittadino e la tutela di esso è ampia ed a tal punto che all’offeso è lasciato di scegliere, sul terreno della concreta difesa, tra l’onore formale e quello sostanziale.

Corte Costituzionale sentenza 21 marzo 1974 n. 86

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