L’attenuante del ravvedimento operoso comporta uno sconto di pena (dalla metà ai due terzi) ed è disciplinata dall’art. 73, comma settimo, D.P.R. 9 Ottobre 1990, n. 309 (Testo unico sulla droga): “Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti“.
L’attenuante ex art. 73, settimo comma, D.P.R. 9 Ottobre 1990, n. 309, si configura solo quando le dichiarazioni dell’imputato risultano totali e, comunque, proficue per le indagini: “In tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, per l’applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma settimo, D.P.R. 9 Ottobre 1990, n. 309, il giudice è tenuto ad accertare l’utilità e la proficuità delle dichiarazioni collaborative rese dall’imputato, con una valutazione che non è suscettibile di censura in sede di legittimità, ove supportata da motivazione logica ed esaustiva. Nella specie, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello aveva escluso il riconoscimento della circostanza attenuante per aver ritenuto non proficua la disponibilità manifestata dall’imputato ad effettuare il riconoscimento fotografico di altri soggetti coinvolti nella vicenda criminosa ai quali aveva fatto solo un generico riferimento” (Cass., Sez. 4 -, Sentenza n. 3946 del 19/01/2021). (Cass. n. 24864/2021).
E ancora, ai fini della ravvisabilità dell’attenuante di cui al D.P.R. 9 Ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 7, che si colloca in uno spazio più avanzato rispetto a quello della mera collaborazione informativa, l’operosità da valutarsi è quella che consente la realizzazione di uno dei risultati concreti previsti dalla citata norma e, specificamente, di interrompere la catena delittuosa in atto e colpire i mezzi di produzione delle attività criminali, in coerenza con i più recenti interventi legislativi, che tendono ad incidere sul sistema patrimoniale e finanziario, provento e strumento, del crimine. (Cass., n. 37100/2012).
Come spiega la Corte di legittimità (cfr. Cass. Penale. Sez. Sez. 4, n. 7229/1996 e successive conformi), il primo tipo di intervento, per il quale può anche essere sufficiente una concreta ed immediata informazione che consenta l’arresto di altri complici che potrebbero portare ad ulteriori conseguenze l’attività delittuosa, implica una “operosità immediata“, prima che si esauriscano le conseguenze del reato e ha finalità essenzialmente di repressione della specifica attività delittuosa.
Il secondo, invece, può anche intervenire a distanza di tempo e ha più accentuate finalità di prevenzione generale, mirando ad impedire non più la realizzazione di conseguenze ulteriori di attività delittuose già commesse bensì la futura perpetrazione di delitti mediante sottrazioni di rilevanti risorse. In ogni caso, occorre una collaborazione qualificata della proficuità, occorrendo un aiuto del soggetto concreto ed efficace. (Cass., n. 37100/2012).