Ortensia di Guglielmo

Ortensia di GuglielmoOrtensia di Guglielmo è stata una famosa poetessa marchigiana, originaria di Fabriano (in provincia di Ancona) vissuta intorno al 1300 e morta nel 1360. La poetessa vive al tempo di Petrarca e, secondo alcune fonti storiche e letterarie un suo celebre sonetto sarebbe stato indirizzato proprio al poeta fiorentino.

«Io vorrei pur drizzar queste mie piume
colà, signor, dove il desio m’invita,
e dopo morte rimanere in vita,
col chiaro di virtute inclito lume.

Ma ‘l volgo inerte che dal rio costume
vinto, ha d’ogni suo ben la via smarrita,
come digna di biasimo ognor m’addita,
ch’ir tenti d’Elicona al sacro fiume,

all’ago, al fuso, più che al lauro o al mirto,
come che qui non sia la gloria mia,
vuol ch’abbia sempre questa mente intesa.

Dimmi tu ormai che per più via dritta via
a Parnaso ten vai, nobile spirito,
dovrò dunque lasciar sì degna impresa?»

La caratteristica principale che si ricava dal sonetto, consiste in quella emancipazione femminile che Ortensia di Guglielmo, così come altre poetesse italiane del Trecento, in particolare Leonora della Genga e Livia da Chiavello, portano avanti attraverso la scrittura e la poesia, (invece di dedicarsi “all’ago e al fuso, più che al lauro o al mirto“), affermando una cultura tutta al femminile, di molto anteriore a Christine de Pizan con “La Città delle Dame” scritta tra il 1404 e il 1405.

I loro versi “Ma ‘l volgo inerte che dal rio costume vinto, ha d’ogni suo ben la via smarrita“, sembrano rivendicare una dignità letteraria pari e non inferiore a quella degli uomini, affermandosi con determinazione in un ambiente, loro malgrado, ostile.

Secondo Andrea Gilio, intellettuale e presbitero di Fabriano, il sonetto di Ortensia di Guglielmo era indirizzato proprio a Francesco Petrarca il quale, a sua volta, avrebbe risposto con il sonetto “La gola e ‘l somno et l’otïose piume” (dal Canzoniere):

La gola e ’l somno et l’otïose piume
ànno del mondo ogni vertú sbandita,
ond’è dal corso suo quasi smarrita
nostra natura vinta dal costume;

et è sí spento ogni benigno lume
del ciel, per cui s’informa humana vita,
che per cosa mirabile s’addita
chi vòl far d’Elicona nascer fiume.

Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?
Povera et nuda vai philosophia,
dice la turba al vil guadagno intesa.

Pochi compagni avrai per l’altra via:
tanto ti prego piú, gentile spirto,
non lassar la magnanima tua impresa.

D’altronde ad una analisi testuale e superficiale sembra che i due componimenti siano legati tra loro, e, in particolare, il secondo sia una risposta del primo, riprendendone alcuni versi. Se ciò venisse confermato, vorrebbe dire che tra i due vi era una “corrispondenza” poetica, in grado di attribuire ad Ortensia di Guglielmo il ruolo di poetessa e donna di lettere, autonoma ed indipendente, del Trecento italiano.

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