Colloqui visivi del detenuto con persone diverse dai congiunti e dai conviventi
Occorre premettere che costituisce un dato ermeneutico consolidato quello secondo cui, ai fini della concessione di colloqui visivi del detenuto con congiunti o con persone conviventi, non è richiesta la deduzione di specifiche ragioni giustificative, essendo tale requisito previsto solo nelle ipotesi di incontri con persone non legate al soggetto ristretto da vincoli di parentela o di convivenza.
Ne discende che il parametro normativo di riferimento è costituito dall’art. 37 del d.P.R. n. 230 del 2000, che regolamenta i colloqui personali tra condannati, internati e imputati e che, al secondo periodo del primo comma, stabilisce: «I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi».
Tale disposizione, dunque, prevede che possano essere autorizzati colloqui visivi con persone diverse dai congiunti e dai conviventi del detenuto in presenza di “ragionevoli motivi“, che devono essere allegati dal soggetto che richiede lo svolgimento dell’incontro.
Ne discende che l’ordinamento penitenziario contempla la possibilità che persone diverse da conviventi e familiari siano autorizzati allo svolgimento di colloqui straordinari, ma l’autorizzazione presuppone che i motivi posti a fondamento della richiesta siano connotati da ragionevolezza.
A queste considerazioni occorre aggiungere che i colloqui con soggetti non rientranti nel novero dei familiari o dei conviventi del detenuto risultano connotati da straordinarietà, con la conseguenza che, in questi casi, è imposto un onere di allegazione motivazionale legato a esigenze specifiche del detenuto, valutabili su un piano soggettivo, alle quali, nel caso di specie, non si fa alcun riferimento. Sul punto, si ritiene opportuno richiamare il seguente principio di diritto: «Ai fini della autorizzazione di colloqui visivi del detenuto con persone diverse dai congiunti e dai conviventi, fra i “ragionevoli motivi” richiesti dall’art. 37, comma 1, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 sono comprese le situazioni, valutabili su un piano esclusivamente soggettivo, collegate alla condizione detentiva patita dall’istante, come la comprovata condizione di isolamento dall’ambiente familiare di provenienza del detenuto» (Sez. 1, n. 1255 del 20/12/2017, dep. 2018, Vitale, Rv. 276159 – 01).
Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 1 n. 18150 del 2024