Nel nostro ordinamento giuridico è fortemente discussa la questione se, nel sistema della responsabilità civile, esiste o meno una fonte di danno autonoma derivante dalla morte dell’ individuo (distinta dal danno morale, biologico ed esistenziale), il c.d. danno tanatologico.
Il danno tanatologico viene definito quale perdita dell’ integrità e delle speranze di vita biologica.
Deve essere qualificato come danno ingiusto da illecito ex art. 2043 C.c., in relazione alla lesione del diritto inviolabile della vita, tutelato dall’ art. 2 della Costituzione ed ora anche dall’art. 62 della Costituzione Europea (art. 16) che integra e completa la fonte italiana sul diritto alla vita (art. 2 e 3 secondo comma Cost., tra loro correlati, essendo la vita condizione esistenziale della espansione della vita umana).
Considerato poi che la morte a prova scientifica attiene alla distruzione delle cellule cerebrali e la morte cerebrale in genere non è mai immediata, occorre chiedersi se è configurabile un credito risarcitorio, correlato al danno c.d. tanatologico.
E, inoltre, tale credito risarcitorio è trasferibile mortis causa, facendo così parte del credito del defunto verso il danneggiante ed i suoi solidali, venendo per questa via anche ottemperata la presunta funzione riparatoria satisfattoria del risarcimento da illecito aquiliano da liquidarsi ricorrendo al criterio equitativo personalizzato?.
Ed infatti le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 15350 del 2015 emessa in sede istituzionale di risoluzione di contrasto, hanno affermato il seguente principio di diritto:
“In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’ assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo”.
Corte di Cassazione Civile Sent. Sez. 3 Num. 5684 Anno 2016