Le dichiarazioni spontanee sono dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria senza la presenza del difensore.
Ai sensi del comma 7 dell’art. 350 c.p.p.: La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’articolo 503 comma 3.
L’art. 350 c.p.p., comma 7 consenta alla polizia giudiziaria di ricevere le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato, anche in assenza di difensore e senza la somministrazione degli avvisi previsti dall’art. 64 c.p.p.
L’art. 350 c.p.p. disciplina l’acquisizione di informazioni provenienti dall’indagato da parte della polizia giudiziaria “d’iniziativa“, ovvero senza la mediazione del pubblico ministero. La facoltà di interagire con l’indagato che non si trova in stato di arresto e di fermo (in tal caso il contatto con l’autorità giudiziaria è un presidio di garanzia che non prevede eccezioni) è concessa alla polizia giudiziaria soprattutto al fine di consentire il proficuo svolgimento dell’attività investigativa nelle fasi germinali del procedimento, quando lo stesso non è ancora stato preso in carico dal pubblico ministero.
Deve essere chiarito che, come previsto dall’art. 513 c.p.p., comma 1 le dichiarazioni assunte d’iniziativa dalla polizia giudiziaria (con o senza la presenza del difensore) non possono entrare nel fascicolo del dibattimento: il recupero delle dichiarazioni predibattimentali contra se, qualora l’imputato si avvalga del diritto al silenzio è, infatti, limitato ai casi in cui le dichiarazioni siano rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria che le raccoglie su sua delega. L’utilizzo delle dichiarazioni dell’imputato raccolte d’iniziativa dalla polizia giudiziaria è dunque limitato alla fase procedimentale. Nell’ambito di tale fase il legislatore ha previsto un ulteriore limite: le dichiarazioni “sollecitate” acquisite senza garanzie “sul luogo e nell’immediatezza del fatto” sono utilizzabili solo per l’immediata prosecuzione delle indagini; tali dichiarazioni non sono dunque utilizzabili neanche nella fase procedimentale e, segnatamente, nella cognizione cautelare. Si ribadisce, sul punto, che le dichiarazioni “sollecitate“, rese dall’indagato nell’immediatezza dei fatti ed in assenza di garanzie, a differenza di quelle “spontanee“, non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a favore del dichiarante (Cass. sez. 2 n. 3930 del 12/01/2017; Cass. sez. un. n. 1150 del 25/09/2008).
Residua l’area delle dichiarazioni “spontanee” che, ai sensi dell’art. 350 c.p.p., comma 7, sono invece utilizzabili nell’area procedimentale e, dunque, nella cognizione cautelare, anche se acquisite senza le garanzie.
La lettera dell’art. 350 c.p.p., comma 7 è esplicita nel prevedere l’inutilizzabilità “relativa“, ovvero solo dibattimentale delle dichiarazioni spontanee, il che impedisce di ritenere che la regola specifica in essa prevista possa essere “vanificata” dalla disciplina generale che sancisce l’inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese dall’indagato senza garanzie. La norma si configura piuttosto come un espressa eccezione a tale regola, che trova la sua la ratio nella natura eminentemente “difensiva” e “libera” delle dichiarazioni spontanee.
La scelta personalissima dell’indagato di offrire la propria versione dei fatti è, infatti, tutelata dal codice di rito sia che l’accusato decida di rivolgersi alla polizia giudiziaria, sia che lo stesso si presenti al pubblico ministero (come previsto dall’art. 374 c.p.p.).
Nel caso in cui le dichiarazioni spontanee siano rese senza garanzie alla polizia giudiziaria il legislatore ha precisato il regime di utilizzabilità limitando l’utilizzo delle dichiarazioni alla fase procedimentale, ovvero alla cognizione cautelare ed a quella sulla responsabilità che si svolge nei riti a prova contratta (nella piena disponibilità dell’accusato).
La norma è compatibile con le indicazioni della normativa Europea e segnatamene con quelle contenute nella direttiva 2012/13/UE in materia di diritti di informazione dell’indagato.
La direttiva in questione è stata attuata con il D.Lgs. n. 101 del 2014 che non ha modificato l’art. 350 c.p.p.. Occorre pertanto verificare se le norme Europee imponga una interpretazione conformativa o, financo, una disapplicazione dell’immutato art. 350 c.p.p., comma 7. Invero l’art. 3 della Direttiva 2012/13/UE indirizza gli Stati aderenti all’Unione a conformare le legislazioni in modo da garantire che alla persone indagate o imputate sia “tempestivamente” fornita l’informazione circa il diritto ad avvalersi di un avvocato ed il diritto a restare in silenzio. La disposizione in questione è stata attuata solo attraverso la modifica degli artt. 291 e 369 bis c.p.p.: il legislatore ha evidentemente ritenuto che fosse “tempestiva” l’informazione fornita nelle occasioni previste dalle norme conformate (ovvero al momento non ritenendo, invece, di intervenire sull’art. 350 c.p.p., comma 7).
Tale scelta non urta con la normativa Europea d’indirizzo: questa si limita ad indicare la necessità di una tempestiva informazione, asciando agli Stati membri un margine di discrezionalità nell’apprezzamento della richiesta “tempestività“. Il legislatore italiano ha ritenuto di individuare il momento in cui è necessario fornire le informazioni di garanzia in quelli dell’applicazione delle misure cautelari e del compimento di atti ai quali il difensore ha diritto di assistere; ha ritenuto invece di lasciare all’indagato la possibilità di entrare in contatto con la polizia giudiziaria procedente in modo spontaneo e deformalizzato nel corso di tutta la attività processuale. Si tratta di una scelta che trova la sua giustificazione nel fatto che le dichiarazioni spontanee non sono funzionali a raccogliere elementi di prova, ma piuttosto a consentire all’indagato di interagire con la polizia giudiziaria in qualunque momento egli lo ritenga, esercitando un suo diritto personalissimo.
La norma in questione è compatibile con le indicazioni fornite dalla Corte Edu.
La Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 ha chiarito che la Convenzione Europea dei diritti umani come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo assurge a fonte del diritto interno di rango sovralegislativo, ma subcostituzionale: il giudice comune è tenuto ad interpretare la legislazione interna in modo “conforme” alla ratio decidendi del giudice convenzionale, facendo ricorso ad ogni strumento ermeneutico disponibile; l’incidente di legittimità costituzionale è indicato come strumento residuale da utilizzare quando è impossibile la torsione interpretativa delle norme legislative (Corte cost. sentenza n. 80 del 2011).
Il ruolo della “norma” convenzionale, come emerge dalla mediazione giurisprudenziale della Corte Europea, è stato significativamente chiarito dalla sentenza n. 49 del 2015 della Corte costituzionale.
La Consulta ha chiarito che l’obbligo dell’interpretazione adeguatrice incombe sul giudice solo in presenza di una interpretazione consolidata o di una sentenza pilota: “solo un “diritto consolidato“, generato dalla giurisprudenza Europea, che il giudice interno è tenuto a porre a fondamento del proprio processo interpretativo, mentre nessun obbligo esiste in tal senso, a fronte di pronunce che non siano espressive di un orientamento oramai divenuto definitivo (…) La nozione stessa di giurisprudenza consolidata trova riconoscimento nell’art. 28 della CEDU, a riprova che, anche nell’ambito di quest’ultima, si ammette che lo spessore di persuasività delle pronunce sia soggetto a sfumature di grado, fino a quando non emerga un “well-established case-law” che “normally means case-law which has been consistently applied by a Chamber“, salvo il caso eccezionale su questione di principio, “particularly when the Grand Chamber has rendered it” (Corte cost. n. 49 del 2015).
La Consulta ha anche indicato indici idonei ad orientare il giudice nazionale nel suo percorso di discernimento ovvero “la creatività del principio affermato, rispetto al solco tradizionale della giurisprudenza Europea; gli eventuali punti di distinguo, o persino di contrasto, nei confronti di altre pronunce della Corte di Strasburgo; la ricorrenza di opinioni dissenzienti, specie se alimentate da robuste deduzioni; la circostanza che quanto deciso promana da una sezione semplice, e non ha ricevuto l’avallo della Grande Camera; il dubbio che, nel caso di specie, il giudice Europeo non sia stato posto in condizione di apprezzare i tratti peculiari dell’ordinamento giuridico nazionale, estendendovi criteri di giudizio elaborati nei confronti di altri Stati aderenti che, alla luce di quei tratti, si mostrano invece poco confacenti al caso italiano. Quando tutti, o alcuni di questi indizi si manifestano, secondo un giudizio che non può prescindere dalle peculiarità di ogni singola vicenda, non vi è alcuna ragione che obblighi i(giudice comune a condividere la linea interpretativa adottata dalla Corte EDU per decidere una peculiare controversia, sempre che non si tratti di una “sentenza pilota” in senso stretto” (Corte cost. n. 49 del 2015).
Dunque: non ogni sentenza della Corte Edu genera l’obbligo di interpretazione adeguatrice, ma solo quelle che siano espressione di un diritto consolidato, che offra una ratio decidendi del diritto scrutinato non frutto di una elaborazione episodica, ma di un percorso interpretativo sedimentato e condiviso, se non addirittura avvallato dall’intervento di una pronuncia di Grande camera.
In sintesi: si ritiene che le dichiarazioni spontanee anche se rese in assenza del difensore e senza l’avviso di poter esercitare il diritto al silenzio siano utilizzabili nella fase procedimentale, nella misura in cui emerga con chiarezza che l’indagato abbia scelto di renderle liberamente, senza alcuna coercizione o sollecitazione. Si tratta di dichiarazioni che hanno un perimetro di utilizzabilità circoscritto alla fase procedimentale e dunque all’incidente cautelare, ed agli eventuali riti a prova contrata, ma che non hanno alcuna efficacia probatoria in dibattimento.
Corte di Cassazione penale, Sez. II, sentenza 25/05/2017 n. 26246