Diffamazione on line: competenza per materia

diffamazioneLa sentenza in commento concerne la specificazione della competenza per materia in ordine al reato di diffamazione on line: la fattispecie diffamatoria a carico dell’imputato consisteva nell’aver postato un commento sulla bacheca di Facebook della persona offesa con conseguente diffusione del contenuto offensivo.

In particolare la Suprema Corte è chiamata a dirimere il conflitto sotto il profilo della competenza per materia in ordine al reato di diffamazione on line tra il Giudice di Pace e il Tribunale in Composizione Monocratica.

Il conflitto sussiste in quanto contemporaneamente due giudici ordinari ricusano di giudicare in ordine alla medesima vicenda giurisdizionale, dando così luogo a quella situazione di stallo processuale prevista dall’art. 28 C.p.P., la cui risoluzione è demandata alla Suprema Corte dalla norme successive.

Ritiene il Collegio che competente a conoscere del reato di diffamazione on line, attraverso la bacheca di Facebook, è il Tribunale in Composizione Monocratica.

Invero i reati di ingiuria e diffamazione possono essere commessi a mezzo di Internet, e tale ipotesi integra l’ipotesi aggravata di cui all’art.595 comma 3 C.p.

Il reato tipizzato dall’art. 595 comma 3, C.p. quale ipotesi aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa.

D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, giacché anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa.

Pertanto, anche la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone, sia perché l’utilizzo di Facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione.

Identificata nei termini detti, la condotta di postare un commento offensivo sulla bacheca Facebook realizza, per la idoneità del mezzo utilizzato, la condotta descritta dal terzo comma dell’art. 595 C.p. la cui competenza  a giudicare spetta al Tribunale in Composizione Monocratica.

Cassazione n. 24431/2015

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